Foto: © elysarte.com

Vacanze.
Cos’è il tempo della vacanza?
Un tempo in cui perdersi, ritrovarsi, vivere, semplicemente. Respirando.

Mi dedico a me stessa e all’Italia. Entrambe le conosco poco.

Dopo una settimana all’Isola d’Elba, dove il tempo si trasforma in un’eterna oasi di silenzio interiore, io e Stefano ci dirigiamo verso il Centro Italia alla scoperta delle nostre bellezze.

Ci lasciamo accogliere dalla Toscana, che ci abbraccia con le sue distese infinite di giallo e di verde punteggiate dal genuino mattone dei casolari introdotti da eleganti filari di cipressi, e con un cielo denso di nuvole grigie che borbotta lanciando lampi di luce.

San Galgano. Siamo ad una trentina di chilometri da Siena, nel comune di Chiusdino.
Intorno a sé questo luogo ha seminato silenzio e vento, un vero e proprio “pilastro della terra”, sopra il quale si distende un’infinita pennellata di cielo.
L’immaginazione corre tra le navate di questa abbazia cistercense del XIII secolo, salendo fino all’eremo, detto “Rotonda di Montesiepi”, dove la storia si intreccia con il mito.

Del santo, titolare del luogo che si festeggia il 3 dicembre, sappiamo che il suo vero nome era Galgano Guidotti, nato nel 1148 a Chiusdino da una famiglia di piccola nobiltà locale, e morto il 3 dicembre 1181. Visse la sua adolescenza da cavaliere libero e incline ai divertimenti più sfrenati, finché la sua vita cambiò radicalmente, diventando un vero Santo Cavaliere di Dio.

Un giorno, mentre viaggiava, ebbe improvvisamente due visioni dell’Arcangelo Michele. Nella prima l’Arcangelo gli si manifestò innanzi, nella seconda lo invitò a seguirlo. Galgano, accettato l’invito e attraversati un ponte e un prato fiorito, raggiunse Montesiepi, dove vide un edificio rotondo e i dodici apostoli. Fu da loro accolto e, aprendo un libro sacro, gli apparve il Creatore che lo convertì definitivamente. Riprese poi la sua normale vita, finché si verificò un altro importante episodio, un secondo episodio, definitivo per il suo destino.

Durante una passeggiata, il suo cavallo si rifiutò di continuare il cammino e di sua iniziativa lo ricondusse di nuovo a Montesiepi, esattamente nello stesso luogo dove precedentemente aveva incontrato i dodici apostoli. Galgano non ebbe più dubbi, quello era un luogo sacro e meritava un’identità, una croce. Provò a cercare del legno per costruirla ma non lo trovò, allora decise di prendere la propria spada e conficcarla nella roccia. In questo modo appariva una croce praticamente perfetta a tutti coloro che l’avessero guardata.

Prese poi il suo mantello e lo indossò come saio. Sentì anche una voce santa che lo invitò a fermarsi per tutta la vita in quel luogo; Galgano così fece e diede inizio alla sua autentica vita da eremita, vivendo da quel giorno nei boschi e nutrendosi solo di erbe selvatiche.

Durante una sua assenza, per un pellegrinaggio a Roma, la spada nella roccia subì un tentativo di furto e venne forzata da tre ladri che, non riuscendo nell’intento di sfilarla, la ruppero e l’abbandonarono (la spada nella roccia è infatti realmente spezzata).
Il castigo divino non perdonò l’atroce misfatto e raggiungendoli, uno venne fulminato all’istante, un altro annegato, mentre il terzo venne aggredito da un lupo che gli tranciò entrambe le mani (nell’eremo, in una bacheca è possibile vedere le ossa delle mani del ladro), ma venne risparmiato all’ultimo momento, perché, pentito, invocò il perdono di Galgano.

Al ritorno il santo trovò la spada spezzata. Ne fu molto dispiaciuto e si ritenne responsabile dell’accaduto per essersi allontanato. Intervenne la voce divina che gli disse di unire i pezzi e così facendo la spada si ricompose miracolosamente.

Da quel momento Galgano restò in quel luogo fino alla fine dei suoi giorni, morendo in preghiera sulla spada nella roccia. Quattro anni dopo la sua morte venne santificato da papa Lucio III e il culto di San Galgano si diffuse ovunque tra i cavalieri, e San Michele Arcangelo diventò il protettore della cavalleria.

La storia di questo uomo rende questo luogo ancora più intriso di magia, di una forte energia terrena e spirituale che trema ancora sotto la grande distesa di terra battuta che circonda tutto il sito.

Negli ultimi anni della sua vita Galgano entrò in contatto con i Cistercensi, chiamati a fondare la prima comunità di monaci che risulta già attiva nel 1201.
L’abbazia fu costruita a partire dal 1218 e consacrata nel 1288. La comunità di San Galgano accolse importanti personalità finché, la carestia del 1329, la peste del 1348 ed il saccheggio di vari eserciti, la colpirono duramente.
Successivamente, il territorio dell’abbazia fu distrutto dal passaggio di bande di mercenari e alla fine del XV secolo i monaci si trasferirono nel palazzo di San Galgano a Siena. Nel 1786 un fulmine colpì il campanile che crollò sul tetto dell’abbazia e la chiesa venne poi sconsacrata nel 1789.

La chiesa rispetta perfettamente i canoni della abbazie cistercensi; tali canoni erano stabiliti dalla regola di San Bernardo e prevedevano norme precise per quanto riguarda la localizzazione, lo sviluppo planimetrico e lo schema distributivo degli edifici.
Le abbazie dovevano sorgere lungo le più importanti vie di comunicazione (nel nostro caso la Maremmana) per render più agevoli le comunicazioni con la casa madre; inoltre erano in genere poste vicino a fiumi (la Merse) per poterne sfruttare la forza idraulica; e infine in luoghi boscosi o paludosi per poterli bonificare e poi sfruttarne il terreno per le coltivazioni.
Dal punto di vista architettonico gli edifici dovevano essere caratterizzati da una notevole sobrietà formale.

Mi trasformo in una briciola di pulviscolo atmosferico che, trasportata dal vento, inizia a rimbalzare in mezzo a questa imponente sobrietà, tra le possenti mura dell’abbazia.

La luce del mezzogiorno taglia le architetture e crea delle dimensioni grafiche davvero suggestive.

Questo luogo sembra trattenerci in qualche modo, desidera che il visitatore resti a condividere la sua anima ma nello stesso tempo è consapevole che presto dovrà andarsene.

Il cielo trabocca di nuvole e in lontananza i fulmini lo squarciano come le forbici fanno con la carta.

E’ ora di partire.

San Galgano ha seminato vento e silenzio dentro i nostri corpi fatti di carne e le nostre anime fatte di aria.

Foto: © elysarte.com

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San Galgano

Credits

Tuscany People

San Galgano – Sito ufficiale