Non è semplice descrivere situazioni già vissute.
Semplicemente perché l’espressione delle nostre emozioni è istantanea, effimera.
Ripercorrere con la mente quelle emozioni non è mai lo stesso di quando le hai appena sentite.
Tuttavia, l’intreccio magico che si snoda non-a-caso tra le mie storie, mi ha stimolato nella stesura di un nuovo racconto, questa volta ambientato nella natura. Quella natura di cui, ad un certo punto, abbiamo bisogno: i colori, il silenzio, i profumi, la sua essenza.
Sentire l’essenza di ciò che ci sta intorno: questa è la forza della natura.
Tutto si ferma, “non si muove un filo d’aria” e all’improvviso sentiamo come l’esigenza di morderla, afferrarla, nasconderla dentro le tasche dei pantaloni e portarla sempre con noi.
Questa estate ho sentito forte tale esigenza. Scappare dal caldo, che mi faceva girare la testa, spogliare la mente dai mille pensieri e perdermi.
Il mattino di quel lunedì la pioggia scaricava ampolle d’acqua gonfie e pesanti. Il tempo non era dei migliori per una gita in montagna ma credo che quel lunedì la mia determinazione, insieme a quella di Cinzia e Antonietta, abbia incontrato la forza della natura.
Così Lei ci ha risucchiato in un desiderio irrefrenabile di viverla comunque, in qualsiasi condizione e a qualsiasi prezzo.
Arrivate a destinazione, candidi raggi di sole, un’aria vivida e fresca hanno subito gonfiato i nostri polmoni assetati.
Dopo una breve sosta alle Fonti di Baceno per una vera ricarica d’acqua in pieno stile “into the wild” ci rechiamo verso gli Orridi di Uriezzo.
Uriezzo è una frazione di Premia, in Valle Antigorio.
Gli Orridi sono ombrose incisioni nella roccia scavate dall’antico sistema di torrenti che scorrevano sul fondo del ghiacciaio del Toce che percorreva in passato la valle. Con il ritiro dei ghiacciai, l’andamento della locale rete idrografica si è sensibilmente modificato: la peculiarità degli Orridi di Uriezzo consiste proprio nel fatto che il torrente che li ha modellati ora non percorre più queste strette incisioni, pertanto è possibile camminare agevolmente all’interno di esse. Gli Orridi sono contraddistinti da una serie di grandi cavità subcircolari separate da stretti e tortuosi cunicoli. Le pareti sono tutte scolpite da nicchie, volute, scanalature prodotte dal moto vorticoso e violento di cascate d’acqua e in certi punti si avvicinano tanto che dal fondo non permettono la vista del cielo. Il fondo roccioso non è visibile, perché mascherato da materiale alluvionale e da uno strato di terriccio.
Gli Orridi costituiscono un ecosistema complesso: costanti condizioni di elevata umidità, scarsa illuminazione, pareti lisce e levigate, determinano difficili condizioni ambientali, a cui si adattano, in campo vegetale soprattutto muschi e felci, presenti in una grande varietà specie.
Gli Orridi visitabili sono tre, denominati Orrido Sud (il più spettacolare, chiamato dagli abitanti del luogo “Tomba d’Uriezzo”, lungo circa 200 metri e profondo da 20 a 30 metri), Orrido Nord-Est (lungo circa 100 metri e profondo una decina, molto stretto in alcuni punti) e Orrido Ovest (meno caratteristico, formato da due tratti distinti). Un quarto orrido, che prende il nome di Vallaccia, si trova poco sotto la Chiesa di Baceno ma è difficilmente accessibile e termina con un salto sul torrente Devero.
Visitiamo i primi due.
Ricordo quelle pareti che trasudavano d’acqua, i loro imponenti e sinuosi volumi che si chiudevano sopra le nostre teste, come se da un momento all’altro volessero inghiottirci.
Ricordo il verde del muschio che ho tanto catturato con la macchina fotografica.
Finalmente posso fermare questa immagine, quella del muschio intendo, che io adoro tanto.
Ricordo sempre con affetto quando, da piccola, durante una gita scolastica al Parco del Ticino, tolsi le scarpe per camminare a piedi nudi su un vero tappeto di muschio. Se chiudo gli occhi, riesco ancora ad avvertire quella sensazione di benessere che provai sentendo la mia pelle nuda a contatto con una superficie morbida, umida, accogliente.
All’uscita dell’Orrido Sud proseguiamo fino al ponte di Maiesso per ammirare le caratteristiche Marmitte dei Giganti lungo il corso del Toce. Si tratta di impressionanti cavità emisferiche o cilindriche scavate nella roccia dalla violenza delle acque di fusione del ghiacciaio.
Un nome tra mito e realtà che ben restituisce, nella potenza con cui l’acqua attacca la roccia, la forza della natura.
Decidiamo di sederci vicino a questo meraviglioso spettacolo per una breve pausa pranzo, di quelle che piacciono a me. Quando ti siedi su un sasso, senza una tavola, quando le mani sporche di terra toccano il cibo, quando ti abbandoni e ti rilassi completamente nei discorsi più vari e disparati.
Riprendiamo a camminare ed eccole comparire “Le grandi cattedrali dell’energia”, così come le ha definite l’architetto futurista Antonio Sant’Elia.
Torri a pagoda o neomedievali, finestre esagonali, trapezoidali, bifore…La fantasia dell’architetto Piero Portaluppi si è scatenata nella progettazione delle centrali elettriche dell’Ossola. Da una parte segno del prestigio del committente, la Società Elettrica Conti, dall’altra espressioni dello stile eclettico déco del primo Dopoguerra.
Ammiriamo la Centrale di Verampio e, riguardando le foto, che nome si staglia sul muro della stessa? Ettore Conti. Lo stesso che poco fa ho immaginato seduto nella sua calda poltrona a Milano. Adoro questi viaggi mentali.
Terminiamo la nostra giornata con la visita alla Cascata del Toce, chiamata anche “La Frua”, che forma un salto di circa 143 metri di altezza.
Ci rigeneriamo alle Terme di Premia e a Cravegna (frazione di Crodo) ci fermiamo per una rustica cena alla festa del paese. Qui incontro gli amici dell’Unione Sportiva, un bel gruppo che qualche tempo fa ho accompagnato alla scoperta del mio caro Naviglio Grande.
Una giornata lenta, tranquilla, morbida. Una giornata che, forse, riesco a rivivere nei fugaci momenti che in questi giorni dedico ai colori dell’autunno.
No, mi sbaglio. Se rifletto bene, una cosa è ammirare la natura, un’altra è viverla.
Per maggiori informazioni e saperne di più…
Pictures
Credits
Comunità Montana delle Valli dell’Ossola – Google
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