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Acquario 🐟

Cari Amici,
se vi dicessi la parola “Acquario” cosa vi viene in mente?
Alcuni di voi potrebbero proseguire la frase aggiungendo le parole “di Genova”?

E se vi dicessi che esiste un Acquario Civico a Milano?
Non si tratta di una costruzione recente.
Questo edificio si trova nel bel mezzo di Parco Sempione da ben 118 anni!
Ho ri-scoperto questo luogo davvero affascinante per la sua architettura ed altrettanto interessante per il percorso di visita che nasconde all’interno.

Andiamo con ordine, perché questa è una Bella storia.

24 febbraio 1905.
Dopo 7 anni si conclude una delle più imponenti ed importanti infrastrutture che ancora oggi collega l’Italia con la Svizzera: il traforo del Sempione.
L’anno successivo, nel 1906, per omaggiare l’apertura del traforo, a Milano si decise di organizzare un gran festa! E che festa … si decise di organizzare niente di meno che un’Expo!
L’“Esposizione internazionale di Milano del 1906”, o “Esposizione internazionale del Sempione”.

Dal 28 aprile all’11 novembre di quell’anno furono ben 400 le Nazioni e 35.000 gli espositori che parteciparono, senza contare i più di 5 milioni di visitatori che rappresentarono un vero record per l’epoca ed i 13 milioni di lire che furono investiti per la sua realizzazione.

Il tema scelto non poteva che essere quello del trasporto.

La location scelta per ospitare questo importante evento era suddivisa in due zone: la prima, l’area verde retrostante il Castello Sforzesco, prenderà, guarda un pò, il nome di Parco Sempione, la seconda, nell’allora Piazza d’Armi, sarà lo spazio sul quale dal 1923 sorgerà la Fiera di Milano.
L’area complessiva occupata era di circa un milione di metri quadrati!
Ma non è finita qui.
Le due aree erano collegate da una ferrovia elettrica sopraelevata a circa 7 metri di altezza, lunga circa 1.700 metri.
L’ingresso alla manifestazione, posto al parco Sempione, riproduceva a dimensione naturale l’imbocco del nuovo tunnel del Sempione.

Arrivati fin qui vi chiederete “e l’Acquario”?

All’Expo del 1906, tra i tanti padiglioni, ve n’era uno dedicato all’acquacoltura, pesca, animali acquatici vivi e conservazione del pescato.
Questo padiglione non è altro che l’Acquario Civico di Milano.
La cosa straordinaria, infatti, è che questo fu l’unico edificio a non essere smantellato dopo la conclusione dell’Esposizione!

A progettarlo fu l’architetto Sebastiano Locati, mentre a finanziarlo fu il duca Giuseppe Crivelli Serbelloni, presidente della Società Lombarda per la Pesca e l’Acquicoltura.
L’Acquario Civico di Milano fu inaugurato il 28 aprile 1906.
Due anni dopo venne arricchito dalla costituzione di una Stazione di biologia e di bioidrologia applicata.
Continuò la sua attività fino all’agosto del 1943 quando, colpito dalle bombe anglo-americane, venne notevolmente lesionato; i lavori di sistemazione iniziale si trasformarono in una vera e propria ristrutturazione al termine della quale l’Acquario riaprì i battenti nel 1963.
Trent’anni dopo si optò per un ulteriore ammodernamento dello storico edificio ed una ridistribuzione di tutti gli spazi. Questa seconda ristrutturazione, avvenuta tra il 2003 ed il 2006 ha permesso di restituire alla città questo importante edificio notevolmente rinnovato, celebrandone, al contempo, i primi cento anni di vita.

Quando vi trovate di fronte a questo edificio non può che scappare un “Wow”!
L’architettura, (del 1906!) è semplicemente meravigliosa.
Un sapiente ed accurato intreccio tra la rigorosità e la sobrietà dell’impianto architettonico e l’esuberante decorazione.
Decorazione che fin dal primo impatto vuole raccontare il suo contenuto al visitatore.
Al centro campeggia la statua del dio Nettuno, protettore delle acque, sotto la quale sboccia una singolare fontana caratterizzata dal capo di un ippopotamo dal quale sgorga acqua.
Il resto è un tripudio di animali e piante acquatiche sia di mare che di acqua dolce, sia nostrani che esotici, a corredo di quanto mostrato nelle vasche durante l’Esposizione Internazionale.
Le sculture visibili lungo le facciate laterali, mostrano animali poco noti al pubblico dell’epoca con appendici e tentacoli proporzionalmente più sviluppati rispetto al reale, probabilmente per attrarre maggiormente lo spettatore.

La prima cosa che ho fatto è stata quella di soffermarmi su ogni singolo dettaglio, come piace a me, e giocare insieme a mia figlia alla ricerca degli animali incastonati nelle decorazioni scultoree dell’edificio.
A colpire l’occhio dell’osservatore sono anche le spettacolari maioliche della Richard Ginori, situate tra le finestre del primo piano, che rappresentano specie di piante di acqua dolce caratteristiche delle zone di pianura.

Il tutto è ovviamente orchestrato da quella straordinaria eleganza che caratterizza lo stile Liberty, le sue linee curve e sinuose accompagnate da un delicato impasto di colori che ondeggiano tra il verde, il blu, l’azzurro, il turchese.
Insomma tutto racconta del mondo acquatico che questo edificio custodisce all’interno e voi non potete fare altro che esserne travolti, come un’onda.

Infine, la struttura è circondata da un giardino in forma di parco pubblico, (dove si può fare merenda 🙂), nel quale oltre ad un percorso botanico di notevole interesse, si trovano vasche aperte all’esterno con ambienti specifici.

Per la visita all’interno mi sono affidata ad una realtà ormai consolidata e di grande garanzia a Milano: le guide turistiche abilitate di Milano Guida.
La visita guidata dedicata ai bambini è stata magistralmente condotta da Susanna con quella naturale capacità di coinvolgere non solo i piccoli ma anche i grandi.
Sono piacevolmente rimasta affascinata dalle nozioni snocciolate sul mondo dei pesci.
Ad esempio sapevate che i pesci non sono ricoperti da squame ma da “scaglie”; le squame caratterizzano solo i rettili! Beh, io non lo sapevo!

Bene, grandi e piccoli, cosa state aspettando.
Andate a visitare l’Acquario Civico di Milano!

Per saperne di più

👉🏻 Acquario civico di Milano

👉🏻 Immagini dell’Expo 1906

Credits

Acquario Civico di Milano
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La scopetta di Ludovico il Moro 🧹

Cari Amici,
la ripresa lavorativa di visite guidate a Milano, 🗣 porta sempre con sé una grande carica ed entusiasmo. Non solo.
Ritornare nei luoghi più cari regala l’opportunità di ri-vedere con occhi nuovi 👀 dettagli già conosciuti e dotati di un eterno fascino.
Così, mentre mi perdo letteralmente tra i cortili del Castello Sforzesco, fotografo per l’ennesima volta la scopetta di Ludovico il Moro. 🧹
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Si tratta di uno dei tanti e singolari stemmi sforzeschi che costellano non solo Milano, ma tutti quei luoghi che hanno visto il passaggio di uno degli Sforza più astuti della casata.
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Conoscete la storia di questo stemma? Ve la racconto io.
Avete mai sentito parlare della celeberrima Impresa della scopetta? 🧹
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In primis, l’impresa, è la rappresentazione simbolica di un proposito, di un desiderio, di una linea di condotta per mezzo di un motto o di una figura che vicendevolmente si interpretano.
L’impresa della scopetta è legata proprio a Ludovico il Moro, così chiamato per la sua carnagione scura e per il suo bel caschetto nero corvino.
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Durante il suo ducato egli non perdeva mai occasione di ricordare a tutti l’aspetto morale della sua politica.
Così, in una delle sale del Castello Sforzesco di Milano 🏰 fece eseguire un curioso dipinto in cui vi era raffigurata una dama in abbigliamento regale, ✨ con una veste ricamata ad emblemi delle città italiane.
Accanto stava uno scudiero moro in atto di ripulirla con la famosa scopetta. 🧹
A chi chiedeva lumi, Ludovico rispondeva: “La donna è l’Italia, io sono lo scudiero, la scopetta è per nettar l’Italia d’ogni bruttura”.

Allegoria dell’Italia nettata dal Moro tratta dal libro “Dialogo dell’imprese militari et amorose” di Paolo Giovio, Lione 1574.

Testimonianza tangibile del significato simbolico della scopetta e di quanto vi ho appena raccontato, sono le seguenti parole:
(Ludovico il Moro) “aveva fatto dipingere in Castello l’Italia in forma di reina 👸🏽 che aveva in dosso una veste d’oro ✨ ricamata a ritratti di città che rassomigliavano al vero e dinanzi le stava uno scudiero moro negro con una scopetta in mano. Perché dimandando l’ambasciator fiorentino al Duca al che serviva quel fante negro, rispose che scopettava quella veste e le città per nettarle d’ogni bruttura, volendo che s’intendesse il Moro essere arbitro dell’Italia e assettarla come gli pareva”.
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A scrivere queste parole fu l’erudito comasco Paolo Giovio nel suo Dialogo delle imprese eroiche ed amorose, composto a Firenze negli anni Cinquanta del Cinquecento: un sagace trattatello, di genere squisitamente cinquecentesco, dedicato appunto alle “imprese”.
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Non è finita qui.
Oltre alla scopetta, lo stemma sforzesco è caratterizzato anche da un nastro sul quale compare uno dei motti preferiti di Ludovico Merito et tempore, ovvero “per merito e con tempo”.
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Dove si trova la scopetta 🧹 che ho fotografato al Castello Sforzesco di Milano?
Andate a cercarla nel cortile della Rocchetta!
Un consiglio: guardate in alto!
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Buona ricerca! 🕵🏻🕵🏻‍♂️
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Un caro saluto 😉
elysArte

ARTE IN RADIO con Elisa 🎨🎧

Cari Amici,
e se vi dicessi che ho deciso di inaugurare un programma in radio?
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Tutto è successo non-a-caso.
Una visita guidata virtuale, un contatto, una proposta.
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Così mi è venuta in mente una cara persona di nome Carla, che qualche anno fa mi aveva coinvolto in una radio locale (Radio TRM) a parlare di arte.
Ho osato a buttarmi in questa nuova avventura pensando subito a lei, pensando di farle un regalo che arrivi fin lassù dove si trova ora, nel cielo profondo e terso.
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La sento sorridere e sento che sto facendo la cosa giusta.
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Nasce così ARTE IN RADIO con Elisa. 🎨🎧
Un programma per conoscere e condividere storie, aneddoti e curiosità del patrimonio storico-artistico tra i più invidiati al mondo: l’Italia!
Perché la Bellezza salverà il mondo! 🌍❤️
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Potete ascoltarmi nella diretta streaming di RadioActive20068 il venerdì alle ore 10:30 e la replica alle ore 22:00.
Se vi siete persi la diretta cercatemi sul sito e troverete il podcast per riascoltare il programma!
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Per ascoltarmi ed ascoltare i podcast👇🏻
https://www.radioactive20068.it/
Potete anche scaricare l’App 👉🏻 Radio Active 20068
Pagina FB: Radio Active 20068
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Vi aspetto! 😃
elysArte
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Se volete conoscere Carla, a cui dedico questo programma, vi consiglio di leggere qui 👉🏻 https://elysarte.com/…/il-tempo-piu-prezioso-sulla-terra/

ARTE IN CASA ~ La primavera, le lavandaie e Alda Merini 🐝🌷

Il 21 marzo è una data che sentiamo familiare.
Non solo perché è il primo giorno di primavera. 🌷
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Il primo giorno di primavera del 1931 nacque a Milano una piccola ape furibonda 🐝 che, con i suoi versi e il suo carisma, irruppe nel mondo della poesia contemporanea, stravolgendolo.
La sua non era solo una passione.
Fin da quando era bambina, infatti, sentiva dentro di sé il bisogno intrinseco, innato, di scrivere, di esprimersi e raccontarsi attraverso componimenti poetici e brevi testi letterari. 🖊
Era qualcosa di cui lei non poteva fare a meno.
Una vera e propria esigenza.
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Il suo nome era Alda Merini.
Un nome destinato ad entrare nella Storia.
La sua nascita fu una sorta di vocazione: il primo giorno di primavera, lo sappiamo, è intriso di un’energia e di una forza di rinnovamento uniche e autentiche.
Un’energia e una forza che si appiccicarono all’anima di questa grande poetessa, capace, nonostante le difficoltà, di aggrapparsi all’amore per la Vita.
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La figura di Alda Merini fu indissolubilmente legata a quella del Naviglio Grande, accanto al quale visse dal secondo dopoguerra fino alla morte, sopraggiunta il 1 novembre 2009.
Fu così che Alda Merini divenne la poetessa dei Navigli per antonomasia.
Per questo motivo, voglio ricordarla con una poesia legata ad una realtà che Alda viveva quotidianamente.

Lavandaie

Lavandaie avvizzite
sul corpo del Naviglio
con un cilicio stretto
stretto intorno alla vita,
lavandaie violente
come le vostre carni,
donne di grande fede
sopravvissute al lutto
della bomba di Hiroshima…
Lavandaie corrotte
dall’odore del vino,
ossequiose e prudenti
fortissime nell’amore
che sbattete indumenti
come sbattete il cuore.

(da “La Terra Santa e altre poesie”, 1984)

La poesia Lavandaie è dedicata ad uno dei luoghi più suggestivi di Milano, incastonato proprio lungo l’alzaia del Naviglio Grande, non lontano dalla Darsena.
Questo luogo è destinato, infatti, a diventare uno degli scorci più amati non solo dai milanesi ma dalle persone di tutto il mondo.
E’ il Vicolo dei Lavandai.

Vicolo dei lavandai oggi

Il vicolo è dedicato ai lavandai, e non alle lavandaie, perché, nell’Ottocento, ad occuparsi del servizio di lavaggio erano gli uomini, organizzati in una vera e propria associazione istituita nel Settecento, la Confraternita dei Lavandai di Milano.
Chissà perché questa mansione toccò poi alle donne. 🤷🏻‍♀️
Un tempo le lavandaie si inginocchiavano su cassette di legno dette brellin, spesso contenenti un cuscino rivestito di cuoio, strofinando i panni sugli stalli di pietra ancora visibili nel vicolo.
Il detersivo usato dalle lavandaie era il cosiddetto palton, una pasta semidensa a base di cenere, sapone e soda. 🧼 I locali della vecchia drogheria che vendeva sapone, candeggina e spazzole alle donne impegnate al lavatoio, oggi ospitano il ristorante El Brellin che, con i camini e i soffitti a cassettoni, ha mantenuto intatta l’atmosfera del luogo.

Vicolo dei lavandai, 1926

Non è finita qui.
Oggi si celebra la Giornata Mondiale della Poesia, creata nel 1999 e patrocinata dall’UNESCO.
Un patrimonio immateriale universale da conservare e tramandare, proprio come ci suggerisce Alda in questo suo importante e suggestivo messaggio.

«A tutti i giovani io raccomando: aprite i libri con religione, non guardateli superficialmente, perché in essi è racchiuso il coraggio dei nostri padri. Soprattutto amate i poeti: essi hanno vangato per voi la terra per tanti anni, non per costruire tombe o simulacri, ma altari.
Pensate che potete camminare su di noi come dei grandi tappeti e volare con noi oltre la triste realtà quotidiana.»

Grazie Alda!

Non vedo l’ora di tornare a raccontarti lungo la sponda del Naviglio!

Un caro saluto 🤗
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Murale dedicato ad Alda Merini in via Magolfa n. 32, Milano, nei pressi de La Casa delle Artiste, luogo che conserva la memoria di Alda.

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Wikipedia, Pinterest

Vittorio Emanuele II, 🤴 il tricolore 🟢⚪🔴 e la Madonnina

GIUSEPPE UGOLINI, Dipinto di Re Vittorio Emanuele II, XIX sec. Museo del Tricolore, Reggio Emilia

 

Cari Amici,
oggi desidero ricordarvi uno dei momenti più autentici della Storia d’Italia.
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Torino, 14 marzo 1861.
Dopo una breve discussione, la Camera dei Deputati approvò il disegno di legge che conferì al re Vittorio Emanuele II il titolo di Re d’Italia, 🤴 proprio nel giorno del suo quarantunesimo compleanno!
I sì furono 294: i due voti mancanti furono quelli di due deputati che confusero le palline (bianca ⚪️ e nera ⚫️) da inserire nelle urne.
L’esito del voto venne salutato da un interminabile applauso. 👏🏻
La carica fu assunta con la promulgazione delle legge il 17 marzo; quel giorno nacque ufficialmente il Regno d’Italia battezzato con la seguente formula divina:

“Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di re d’Italia.
Gli atti del governo e ogni altro atto che debba essere intitolato in nome del Re sarà intestato con la formola seguente: (Il nome del Re).
Per Provvidenza divina, per voto della Nazione Re d’Italia”.
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Non è finita qui.
160 anni fa, il 14 marzo 1861, il verde, 🟢 il bianco ⚪️ e il rosso, 🔴 il tricolore italiano per antonomasia, diventò la bandiera del regno. 🇮🇹
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Quando penso al tricolore, per una sorta di deformazione passionale, penso all’imbandieramento della Madonnina “tuta d’ora e piscinina” che veglia sulla città di Milano dall’alto della Guglia Maggiore dal 1774. Questa ricorrenza risale alle Cinque Giornate di Milano del 1848 durante le quali Luigi Torelli e Scipione Bagaggi alzarono il tricolore sulla statua della Vergine per segnalare l’evacuazione della città da parte delle truppe austriache.
Quella vista rincuorò l’intera città e risvegliò l’orgoglio nei combattenti delle barricate, portandoli alla vittoria.
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Ancora oggi, in occasione dei solenni eventi religiosi e civili, sull’alabarda posta alla destra dell’Assunta, sventola la bandiera italiana. 🇮🇹
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Il tricolore viene regolarmente issato nei seguenti giorni:
– 10 febbraio – Giorno del ricordo degli istriani, fiumani e dalmati.
– 11 febbraio – Patti lateranensi.
– 17 marzo – Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera.
– 18-22 marzo – Cinque Giornate di Milano.
– 25 aprile – Liberazione dal nazifascismo.
– 1 maggio – Festa del lavoro.
– 9 maggio – Giornata d’Europa.
– 2 giugno – Festa della Repubblica.
– 28 settembre – Insurrezione popolare di Napoli contro i nazifascisti.
– 4 ottobre – San Francesco e Santa Caterina, patroni d’Italia.
– 4 novembre – Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate.
– 12 novembre – Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace e Giornata della memoria dei marinai scomparsi in mare.
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Un caro saluto 🤗
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Andrea Cherchi

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Accadde Oggi

Il Tredesin de Marz, Barnaba e la primavera 🌸

Cari Amici,
il 13 marzo del 52 d.C. un umile pellegrino giunse alle porte di Milano sorreggendosi su un bastone.
Questo straniero, originario di Cipro, portò con sé qualcosa di straordinario per quei tempi: il cristianesimo.
Il suo nome era Giuseppe, soprannominato Barnaba, “figlio della consolazione”.
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E’ in una radura 🌳 che si estendeva fuori dalla città che, secondo la leggenda, Barnaba inaugurò la sua missione conficcando una croce di rami secchi in una pietra rotonda con tredici raggi incisi sopra e predicando alla folla. 🗣
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Questa pietra, collocata anticamente nei pressi dell’odierno Planetario, venne portata all’interno della Basilica di San Dionigi a Porta Orientale (oggi Porta Venezia), dove vi rimase per secoli fino alla demolizione della chiesa, avvenuta nel 1783.
Traportata nella chiesa di Santa Maria al Paradiso in Corso di Porta Vigentina, 14, è ancora in questo luogo che possiamo ammirarla.
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L’arrivo di Barnara portò a Milano non solo il cristianesimo ma anche la primavera, 🌸 il cui arrivo, tradizionalmente, si festeggia in città proprio il 13 marzo.
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Fu così, infatti, che nacque la festa del Tredesin de Marz.
Per celebrare questa ricorrenza, mentre intorno alla chiesa di Santa Maria Paradiso si svolge uno speciale mercato di fiori, 🌷 al suo interno, proprio sopra quella pietra dai tredici raggi, viene esposta una croce che riproduce quella fatta con semplici rami da San Barnaba.
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“E quî giornad del tredesin de Marz?
Gh’era la fera, longa longhera, giò fina al dazi, coi banchitt de vioeur,
de girani, coi primm roeus, e tra el guardà, l’usmà, el toccà,
se vegneva via col coeur come on giardin, pensand al bell faccin de
Carolina che sotta al cappellin a la Pamela e col rosin sul sen
la pareva anca lee la primavera.”

di Emilio de Marchi
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Un caro saluto! 🤗
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Urbanfile e Andrea Cherchi

Pietre d’Inciampo per “ricordarsi di ricordare”

La prima Pietra d’Inciampo posata a Milano nel gennaio 2017 in Corso Magenta 55, dove abitava Alberto Segre, padre di Liliana. Foto Comune di Milano.

Cari Amici,
avete mai sentito parlare delle Pietre d’Inciampo?

Sono dei piccoli blocchi quadrati di pietra (10×10 cm), ricoperti di ottone lucente, posti davanti la porta della casa nella quale ebbe ultima residenza un deportato nei campi di sterminio nazisti: ne ricordano il nome, l’anno di nascita, il giorno e il luogo di deportazione, la data della morte.

Un progetto monumentale europeo per tenere viva la Memoria di tutti i deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti che non hanno fatto ritorno alle loro case.

La prima Pietra d’Inciampo, Stolpersteine, in tedesco, fu posata a Colonia, in Germania, nel 1995 per iniziativa dell’artista Gunter Demnig (nato a Berlino nel 1947) come reazione a ogni forma di negazionismo e di oblio, al fine di ricordare tutte le vittime del Nazional-Socialismo, che per qualsiasi motivo siano state perseguitate: religione, razza, idee politiche, orientamenti sessuali.
Grazie a un passa-parola tanto silenzioso quanto efficace, oggi si incontrano Pietre d’Inciampo in oltre 2.000 città per un totale di oltre 70.000 in tutta Europa.
In Italia, le prime Pietre d’Inciampo furono posate a Roma nel 2010 e attualmente se ne trovano a Bolzano, Genova, L’Aquila, Livorno, Milano, Reggio Emilia, Siena, Torino, Venezia oltre ad altri numerosi centri minori. Ve ne sono 237 in Lombardia e 90 a Milano.

Per spiegare la propria idea, Gunter Demnig – che posa personalmente le “Pietre d’Inciampo” – ha fatto proprio un passo del Talmud: “Una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome”.

Obiettivo della “Pietra d’Inciampo”, un inciampo emotivo e mentale, non fisico, è mantenere viva la memoria delle vittime dell’ideologia nazi-fascista nel luogo simbolo della vita quotidiana – la loro casa – invitando allo stesso tempo chi passa a riflettere su quanto accaduto in quel luogo e in quella data, per non dimenticare.

A Milano con un formale atto costitutivo, in data 8 settembre 2016 è stato formato un Comitato di scopo, denominato: “Comitato per le “Pietre d’Inciampo” – Milano”, che raccoglie, probabilmente per la prima volta dopo la Liberazione e lo scioglimento dei C.L.N., tutte le associazioni legate in qualche modo alla memoria della Resistenza, di tutte le Deportazioni, dell’Antifascismo. Associazioni che hanno così deciso di partecipare ad un progetto importante di memoria in modo condiviso e paritetico.

Presidente e simbolo di questa raggiunta condivisione è niente di meno che Liliana Segre, nominata Senatrice a Vita nel gennaio 2018 con decreto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Non-a-caso la prima Pietra d’Inciampo a Milano fu posata nel gennaio 2017 in Corso Magenta 55, dove abitava Alberto Segre, padre di Liliana, anche lei deportata ad Auschwitz il 30 gennaio 1944, all’età di 13 anni e sopravvissuta, mentre il padre morì il 27 aprile 1944. Anche i nonni paterni furono deportati e uccisi e le loro Pietre d’Inciampo sono state posate nel gennaio 2019 accanto a quella di Alberto.
Le altre prime cinque pietre sono state posate in memoria di Gianluigi Banfi, Adele Basevi Lombroso, Dante Coen, Melchiorre De Giuli, Giuseppe Lenzi.

Quest’anno verranno posate 31 nuove Pietre d’Inciampo a Milano e per l’occasione è stato creato un account Instagram milanopietredinciampo dove avrete l’opportunità di leggere la storia delle vite di chi venne strappato dalla propria casa e più non vi tornò.

Vi ricordo che potete anche consultarle qui 👉🏻 www.pietredinciampo.eu/persone-le-storie/

Tra le tante vite nascoste in questi sampietrini di piccole dimensioni, mi soffermo su quella di Gianluigi Banfi (detto Giangio).

Nato il 2 aprile 1910 a Milano, arrestato a Milano il 21 marzo 1944 per attività cospirativa antifascista.
Deportato a Fossoli il 27 aprile 1944 e quindi a Mauthausen il 4 agosto 1944.
Muore il 10 aprile 1945, esattamente 40 anni prima della mia nascita, nel campo di Gusen.

Ne avete mai sentito parlare?

E se vi dicessi che è l’autore, insieme ad altri, della Torre Velasca di Milano (1958)?

Laureato in architettura al Politecnico di Milano, Gianluigi Banfi, a soli 21 anni fonda nel 1931 con Belgiojoso, Peressuti e Rogers lo Studio BBPR, che sviluppa un’intensa attività professionale nel campo dell’architettura, dell’urbanistica, degli allestimenti, dell’arredamento e del design, diventando, in pochi anni, punto di riferimento della Architettura Razionalista in Italia.

Dopo la proclamazione dell’Impero nel ‘36 e l’emanazione delle leggi razziali del ‘38 Banfi diventa manifestamente antifascista. Dopo l’8 settembre ‘43 lo studio di via dei Chiostri diventa un centro di organizzazione e di cospirazione del Movimento Giustizia e Libertà, di iniziative antifasciste, di diffusione di stampa clandestina, di assistenza al passaggio di antifascisti ed ebrei in Svizzera e di compilazione di mappe per gli aviolanci degli Alleati alle formazioni Partigiane. Viene arrestato il 21 marzo del 1944 con Belgiojoso a causa di una delazione estorta che comporta la liquidazione del gruppo dirigente milanese del Partito d’Azione. Carcerato a San Vittore, parte il 27 aprile 1944 dal Binario 21 per il campo di transito di Fossoli, dove è impegnato nel dibattito politico che rappresenta il contributo democratico ai valori fondamentali trasmessi dalla Deportazione Politica alla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza. Parte da Fossoli il 25 luglio ‘44 per Bolzano e arriva a Mauthausen il 4 agosto. Muore a Gusen-2 di fame, di stenti, di torture, di lavoro schiavo, di sevizie e malattie il 10 aprile 1945, a 35 anni appena compiuti.

La sua Pietra d’Inciampo si trova proprio dov’era il suo studio, in Via dei Chiostri, 2, non lontano dalla Pinacoteca di Brera.

Un’altra curiosità. Anche Belgiojoso viene deportato a Gusen, ma riesce a sopravvivere alla prigionia del campo e a far ritorno in Italia dopo la liberazione, da parte delle truppe alleate, del lager nazista. Questa forte presa e compromissione nella guerra dei BBPR si manifesta nel lavoro dello studio, dopo la fine del conflitto, con un’opera emblematica come il monumento ai morti nei lager tedeschi a Milano nel Cimitero monumentale (1946) che fu anche uno dei primi progetti dello studio BBPR. Sospeso al centro della matrice di tubi bianchi una gavetta contiene terra dal campo di campo di sterminio di Gusen. I pannelli di marmo bianco e nero, parlano di martiro, persecuzione, giustizia e libertà. Intorno al monumento otto lapidi portano nomi di Milanesi morti nei lager.

https://www.ordinearchitetti.mi.it/

Tornando alle Pietre d’Inciampo dobbiamo essere consapevoli che la piccola pietra di ottone chiama letteralmente ciascuno di noi che, parafrasando Primo Levi, “viviamo sicuri nelle nostre tiepide case e tornando a casa a sera troviamo cibo caldo e visi amici” a riflettere su quanto sia importante “ricordarsi di ricordare” e vigilare perché ciò che è accaduto non si ripeta.

Un caro saluto 🤗

elysArte

Credits

Il testo di questo articolo si è affidato alle parole del meraviglioso sito web: www.pietredinciampo.eu

ARTE IN CASA ~ La favola dei Magi ✨

Cari Amici,
anche se l’Epifania le feste le ha già portate via, desidero condividere con voi una bella favola ✨ che non vedo l’ora di raccontare a mia figlia Sara e il nostro dialogo me lo immagino così. 🥰

E. C’erano una volta i tre Magi.
S. Chi sono i Magi, mamma?
E. Se ci pensi bene Magi ricorda la parola magia.
Sembra, infatti, che questi uomini fossero come dei maghi, capaci di leggere il cielo: sono gli astrologi.
C’erano una volta i tre Magi che, viaggiando sulla schiena dei loro cammelli, 🐪 iniziarono a seguire una stella ⭐ nel cielo. Questa stella un giorno si fermò sulla casa di un bambino chiamato Gesù.
Quando entrarono incontrarono lui e la sua famiglia.
Avevano portato con sé dei doni speciali da regalare al bambino: oro, incenso e mirra.
S. Perché i Magi regalarono questi doni al bambino?
E. Sai, succede anche oggi. Quando sei nata, parenti e amici ti hanno portato dei doni.
S. Sì, certo perché conoscono te e papà. I Magi conoscevano Gesù e la sua famiglia?
E. Sì, perché quel bambino chiamato Gesù era il re dei Giudei, un popolo antico. Non solo. Questo re fece cose grandi, ma te le racconterò un’altra volta.
S. Mamma, i Magi avevano un nome?
E. Certo che sì. Si chiamavano: Gaspare, Melchiorre e Baldassare.
S. Che nomi bizzarri!
E. Già! Sai che esistono ancora, non molto lontano da Novara?
S. Davvero??? Dove?
E. A Milano, nella chiesa di Sant’Eustorgio.
S. Oh sì! La conosco bene! Sai, nella pancia ho ascoltato i tuoi racconti: è l’unica chiesa di Milano ad avere un campanile sul quale vi è una stella a otto punte! La stella dei Magi!
E. Ora ascolta bene questa storia. Secondo un’antica tradizione quando i Magi morirono a Gerusalemme, i loro corpi furono successivamente riuniti in un’unica tomba e trasferiti a Costantinopoli da Elena, madre dell’imperatore Costantino e appassionata ricercatrice delle primitive vestigia del Cristianesimo.
Nel IV secolo, l’imperatore di Costantinopoli, Costante, donò a un signore di nome Eustorgio, i corpi dei tre Magi, durante il suo viaggio in Oriente, prima di diventare vescovo a Milano.
Le sacre spoglie furono trasportate da Costantinopoli alle coste tirreniche via nave. Qui l’arca (un sarcofago di grandi dimensioni) sbarcò e Eustorgio la pose su un carro trainato da buoi. 🐂Giunti a Porta Ticinese, all’ingresso di Milano, l’arca divenne pesantissima e i buoi crollarono esausti a terra. Eustorgio capì che si trattava di un segno divino: fu così che, in quel luogo, ordinò di fondare una chiesa.
Fu l’imperatore Federico Barbarossa, durante il saccheggio di Milano del 1162, ad impossessarsi dei corpi dei Magi, facendoli trasportate a Colonia, in Germania, dove tuttora si trovano.
Nei secoli successivi i milanesi cercarono di ottenere la restituzione delle reliquie.
Solo agli inizi del 1900, grazie all’intervento del cardinal Ferrari, alcuni frammenti dei sacri resti tornarono alla basilica di Sant’Eustorgio.
Ed è ancora lì che oggi si trovano.
Non solo. Accanto c’è anche un grande e antico sarcofago, rimasto vuoto, sul cui coperchio sono scolpite una stella e la scritta, settecentesca, Sepolcrum trium Magorum.
S. Oh sì, anche questo ricordo: quella scritta l’hanno tradotta in dialetto milanese, i trì lumagòn! 🐌 🐌 🐌
E. Infine, cara Sara, devi sapere che dal 1300, a Milano, in occasione della festività dell’Epifania si svolge il corteo storico dei Magi organizzato proprio dalla parrocchia di Sant’Eustorgio.
S. Mamma, ti stai dimenticando un particolare …
E. Sì, ho già capito. All’interno della chiesa si trova un bellissimo capitello, di quelli istoriati, i miei preferiti, che raffigura proprio la favola che ti ho raccontato: il carro trainato dai buoi con l’arca dei Magi, scortata da un angelo.
S. Mamma, sai una cosa? Anche se questa storia me l’hai raccontata tantissime volte, la trovo sempre una favola bellissima!
Solo un’ultima domanda: la stella dei Magi era una stella cometa?
E. Questa, Sara, è un’altra storia.

Buona serata! ⭐
elysArte

Immagini: http://www.museosanteustorgio.it

Buon Natale! 🎄💫

Cari Amici,
con quest’opera d’arte strabordante luce ✨ e serenità 😊 vi auguro Buon Natale!
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elysArte 😘
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Gerrit van Honthorst, Adorazione del Bambino, 1619-1620.
Firenze, Galleria degli Uffizi.
L’autore è noto in Italia anche come Gherardo delle Notti, per la sua propensione a dipingere toccanti ed evocative scene notturne.

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