
Cari Amici,
per il quinto appuntamento di ARTE IN CASA desidero raccontarvi qualche curiosità sulla città nella quale vivo: Novara.
Il barometro naturale
Da Piazza della Repubblica, sotto i portici del Duomo, si imbocca Vicolo Canonica.
Proprio all’ingresso del vicolo, sulla destra, si trova una colonna che pare funga da barometro naturale. A seconda se sia umida o secca prevede il brutto o il bel tempo.
Il chiostro della Canonica

Scrigno di quiete alle spalle della cattedrale novarese, il chiostro di Santa Maria risale al XII secolo, quando il vescovo Litifredo volle riunirvi i canonici dispersi in varie parti della città.
Tra il 1476 e il 1486 la canonica venne arricchita dall’apertura dell’elegante porticato ad archi ogivali e dall’aggiunta di modanature e cornici in terracotta, di chiaro gusto lombardo-milanese.
La tradizione dice che, il 18 giugno 1358, dal chiostro, Francesco Petrarca arringò i novaresi in occasione dell’entrata solenne in città di Galeazzo Visconti.
In questo luogo riservato al silenzio e alla preghiera, la notte del 31 maggio 1565 venne uccisa una donna di nome Barbara.
Barbara Tornielli si ritrovò sposa a quindici anni con Ferrante Caccia da Proh che, pur di averla, rinunciò apparentemente alla dote e, per questo, “non la conduceva alla nuova casa, come le spettava. Non le acquistava le vesti nuove da sposa”. Pur maritata, Barbara continuò dunque a vivere con la madre e i fratelli; Ferrante si recava da lei solo per la notte.
Tuttavia tra le due famiglie Tornielli e Caccia non correva buon sangue e la “storia d’amore” fra i due non ebbe un lieto fine.
Barbara venne infatti brutalmente uccisa nel letto maritale da un colpo d’archibugio mandato a segno non si sa da chi.
Il primo ad essere accusato fu il marito che subito si proclamò innocente.
Tuttavia, venne fatto prigioniero nel Castello di Milano in attesa dell’esecuzione.
I Tornielli insistettero in ogni modo perché subisse la pena capitale ma niente poterono contro un intreccio ben organizzato di alleanze e favori: grazie, infatti, ai cugini Canobio, il Senato lo considerò iniquamente incolpato e Ferrante tornò libero.
Il colpevole dell’omicidio non fu mai trovato.
Credits: Anna Parma, Della breve vita di Barbara e della sua morte. Un omicidio nel Cinquecento, 2007
Immagine: Luis Huayhuas
Il centro della città
Piazza delle Erbe è uno degli angoli più belli e caratteristici di Novara.
L’area, anticamente compresa in una più vasta piazza a destinazione commerciale, nel Medioevo fu sede della potente corporazione dei calzolai che, possedendo il lato settentrionale, affittava gli spazi agli altri commercianti.
In particolare i macellai vi tenevano le loro beccherie e fino al XV secolo si realizzava qui il ciclo completo di trasformazione del prodotto: dall’animale alle scarpe e borse.
Fu in seguito detta “delle Erbe “perché fino all’Ottocento vi si teneva il mercato delle verdure; inoltre vi sorgeva un’edicola di legno con l’immagine di San Lorenzo, prete e martire novarese, venerato dagli erbivendoli e fruttivendoli cittadini.
La tradizione vuole che le colonne sul lato nord siano un bottino di guerra, proveniente da Biandrate, che, fedele al Barbarossa, fu distrutta dai novaresi.
Nel mondo esoterico, piazza delle Erbe è conosciuta come il luogo “magico” più importante di Novara. La piazza si estende infatti secondo una precisa disposizione geometrica, formando un triangolo “geodetico”, che rappresenterebbe il centro convenzionale della città, ovvero il punto dal quale vengono misurate le distanze chilometriche tra Novara e tutti gli altri centri urbani. Il “cuore” cittadino, collocato nella pavimentazione in porfido della piazza, è rappresentato da una pietra di granito, di forma triangolare.
All’inizio del mese di gennaio del 1992, la pietra fu rubata da mani misteriose.
Il 18 gennaio ricomparve, grazie ad un prete che disse di averla ritrovata in un confessionale.
La pietra venne ricollocata nel selciato ma con un orientamento diverso dal precedente.
Da quel momento si dice che la piazza perse la sua energia tellurica per via dell’orientamento ormai sfasato.
Credits: Comune di Novara e Novara 900
La pietra del Broletto o del Banditore
Gli edifici del Broletto sorgono proprio nel centro della città.
Il Broletto è una struttura tipica della Lombardia, ma quello di Novara è l’unico esempio in Piemonte!
Il complesso del Broletto è costituito da quattro edifici: a Nord il Palazzo dell’Arengo, dalle imponenti forme medievali (secoli XIII-XIV); a Sud il Palazzo del Podestà, con le finestre ad arco acuto e le cornici in cotto (fine del XIV secolo, inizio del XV). A Est si affianca il Palazzo dei Paratici (metà del XIII secolo) nascosto dalla loggia barocca; a Ovest il Palazzo dei Referendari (secoli XIV-XV), ristrutturato nel Novecento in forme quattrocentesche.
Era in questo cortile e in questi palazzi che si svolgeva la vita pubblica della città: nella grande sala arengaria venivano eletti i consoli; nel cortile si teneva il mercato (soprattutto dei grani, dei legumi e della biada con il relativo passaggio di carri), sotto gli archi si trovavano i banchi dei consoli di giustizia e i condannati venivano esposti alla gogna.
Quando qualcuno veniva condannato dal vicino Tribunale per reati contro il patrimonio (debiti, fallimenti), veniva portato sulla pubblica piazza. Lì, il debitore veniva per tre volte invitato a saldare il debito; se questo non avveniva, il condannato dopo esser stato privato di pantaloni ed eventuali mutande, veniva fatto accomodare con la forza sulla famigerata “pietra del debitore” surriscaldata e resa rovente. Il tutto potrebbe sembrare quasi normale, in tempi in cui le condanne recitavano di decapitazioni, impiccagioni e addirittura di squartamenti.
Per una curiosa forma di pietismo, era concesso a parenti od amici, di riparare, in caso di pioggia, il condannato con un ombrello aperto. Da qui il detto tipicamente e squisitamente Novarese : “Va a da’ via al cü cun l’umbrela verta” (va a dar via il sedere con l’ombrella aperta.)
Dove si trova oggi la pietra? Andate a cercarla sotto il portico dell’Arengo!
Credits: Paolo Nissotti e Novara 900
L’angolo delle ore e il Campari

La storia di Campari comincia in un caffè di Novara, il Caffè dell’Amicizia, che ai tempi si trovava all’angolo delle Ore, un locale che Gaspare Campari aveva acquistato nel 1860 dopo aver lavorato in due luoghi storici di Torino e avervi appreso l’arte del liquorista. A Novara, Gaspare crea i suoi primi prodotti di distilleria, che si chiamano “Elisir di lunga vita”, “Olio di Rhum”, “Liquore Rosa”. Ma gli affari non vanno bene. Gaspare si trasferisce a Milano, dove apre un piccolo negozio di liquori sotto il Coperto dei Figini e, in vista della sua demolizione, prenota una bottega nella Galleria in costruzione. Sceglie il negozio d’angolo, sulla destra entrando in Galleria, segnando così l’inizio della storia del Campari. A gestire il locale è la moglie Letizia, mentre lui si dedica a perfezionare i prodotti delle sue distillazioni: nascono così il “Fernet Campari” e il famosissimo “Bitter”, l’aperitivo che in un primo tempo viene servito esclusivamente ai clienti del caffè.
Alla morte di Gaspare, nel 1882, l’attività è ben avviata tanto da far scrivere al Corriere della Sera “Lascia 5 figli e un bel patrimonio di circa mezzo milione”.
Immagine: Novara 900
L’Excelsior e Strehler
“Almeno una targa davanti all’edificio o in prossimità dei giardini pubblici per ricordare che Novara è stata la culla di Strehler regista”. L’appello arriva da Mariano Settembri, editore che ha pubblicato un libro di Clarissa Egle Mambrini (Il giovane Strehler. Da Novara al Piccolo Teatro di Milano) che ricostruisce la prima regia di Strehler, all’ex Casa Littoria, l’attuale questura, dove all’epoca c’era la sala Littoria, poi cinema Excelsior, attivo fino agli anni Cinquanta: il debutto avvenne proprio 75 anni fa.
Era il 1943, un gennaio rigido in una città molto vivace sotto il profilo culturale, con Strehler che frequenta Novara perché qui ci sono gli amici Egidio Bonfante e Vittorio Orsini, fratello di Umberto, attore di teatro. Diventerà un celebre pubblicitario, ma prima chiama Strehler a Novara perché c’è la possibilità di mettere in scena uno spettacolo su Pirandello. “In quegli anni – racconta Mambrini – a Novara si stampa un’importante rivista culturale, Posizione, a cui collaborava anche Strehler”. La prima messinscena, che organizza con il «Gruppo Palcoscenico», lascia il segno: comprende tre atti unici di Pirandello, «L’uomo dal fiore in bocca», «All’uscita», e «Sogno (ma forse no)». “C’era un pubblico foltissimo, molti giovani – aggiunge Mambrini -, tra i quali il ventenne Roberto Cerati, futuro direttore editoriale Einaudi”. Un pubblico che Strehler stupisce con una regia anticonformista, aiutato dalle idee dello scenografo Luigi Veronesi, legato all’astrattismo: barbe verdi e azzurre, parrucche rosse; Ugo Ronfani definisce la messinscena «shoccante», ma il pubblico apprezza e gli applausi scrosciano. Novara porta fortuna al regista triestino, che all’epoca non disdegnava di recitare qualche parte; il 19 febbraio replica lo spettacolo a Bergamo e alla Casa Littoria novarese tornerà pochi mesi dopo, l’8 maggio 1943, con due atti unici, «Un cammino» di Beniamino Joppolo, e «Un cielo» di Felice Gaudioso.
Credits: La Stampa
Al prossimo appuntamento!
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