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marzo 2020

ARTE IN CASA ~ Le perle del Liberty milanese

Cari Amici,
per il sesto appuntamento di ARTE IN CASA desidero condividere con voi alcune perle della Milano Liberty.

Sì, proprio delle perle. Perle incastonate nelle forme di sinuosi motivi floreali forgiati nella materia del ferro battuto, dei fregi, mosaici, affreschi e maioliche.
Sto parlando del fenomeno artistico imperante a Milano nei primi anni del Novecento, testimonianza tangibile di una città divenuta capitale della finanza italiana e che vede nella nuova borghesia milanese la sua principale committente.

L’area liberty milanese per antonomasia è quella di Porta Venezia.

Partiamo da un hotel.
L’hotel Kursaal Diana, oggi Sheraton Diana Majestic, in Viale Piave, 42.
La cosa straordinaria da sapere è che prima dell’edificazione di questo hotel l’area era occupata da quella che fu la prima piscina pubblica d’Italia, i Bagni di Diana, aperta nel 1842. L’atmosfera di questo modernissimo impianto la si può vedere nel breve filmato della casa Lumiere del 1896, uno dei primi documenti cinematografici su Milano.
La piscina lasciò spazio all’hotel Kursaal Diana di Achille Manfredini nel 1908, un complesso con albergo, teatro e ristorante. Al posto della piscina dei Bagni Diana un giardino di 700 metri quadrati, ancora oggi uno dei fiori all’occhiello dell’albergo, con piante fontane e una pista di pattinaggio.

Kursaal Diana. Salone del teatro, 1909 (da L’Edilizia Moderna)

Non distante dall’hotel Diana, in Via Malpighi 3, troviamo Casa Galimberti, progettata da Giovanni Battista Bossi per i fratelli Galimberti, imprenditori edili, tra i primi sostenitori del nuovo stile a Milano. La sua superficie è un meraviglioso e luccicante tappeto di piastrelle di ceramica dipinte su cui fioriscono figure femminili e maschili in un intreccio di piante rampicanti lussureggianti.
L’esterno riccamente decorato, l’interno piuttosto semplice, perché Casa Galimberti fu concepita come “casa a reddito”, ovvero una residenza di appartamenti da mettere in affitto.

Casa Galimberti, foto di Andrea Cherchi

Resto sempre affascinata dalla raffinatezza e dall’eleganza delle due bellissime statue femminili, due cariatidi, ai lati dell’ingresso di Casa Campanini in Via Vincenzo Bellini, 11. Un vero e proprio invito ad entrare in quello che è considerato il capolavoro di Alfredo Campanini, architetto di origini emiliane ma milanese d’adozione, che progettò per sé questa casa tra il 1904 e il 1905. L’architetto non si occupò solo della costruzione dell’edificio ma anche del disegno di tutti i particolari decorativi, dalle figure scultoree del portale alle vetrate e ai ferri battuti con motivi vegetali, realizzati dalla ditta Mazzucotelli, specializzata nel ferro battuto e responsabile della realizzazione delle decorazioni di molte tra le più significative opere Liberty italiane e straniere. Grandissima è la maestria con cui viene impiegato il cemento, uno dei nuovi materiali sperimentati dal modernismo, modellato per la decorazione.

Casa Campanini

Palazzo Castiglioni, situato ai civici 47 e 49 di Corso Venezia, è considerato il manifesto artistico del Liberty milanese. Fu costruito tra il 1901 e il 1904 su progetto dell’architetto Giuseppe Sommaruga per l’imprenditore Ermenegildo Castiglioni spinto dalla volontà di distinguersi rispetto alle altre costruzioni della zona, nobili dimore settecentesche dalle forme neoclassiche simboli della vecchia aristocrazia cittadina.
Il palazzo emerge così per contrasto rispetto alle costruzioni vicine per le dimensioni monumentali, per la facciata dal pronunciato bugnato grezzo e per l’esuberanza della decorazione plastica e in ferro battuto.
Due grandi statue femminili, opera dello scultore Ernesto Bazzaro e allegorie della Pace e dell’Industria, ornavano originariamente il portale d’ingresso ma, giudicate “scandalose” a causa della nudità esposta, in quanto posavano dando le spalle e il loro lato B ai passanti, furono rimosse e ricollocate sul fianco della villa Romeo Faccanoni (oggi Clinica Columbus, in via Buonarroti 48). Per questo motivo il palazzo fu battezzato la Cà di Ciapp.

Le statue della Pace e dell’Industria in Via Buonarroti, 48

Vorrei raccontarvi ancora tante perle del Liberty milanese ma … vi aspetto ad una visita guidata per condividere con voi lo stupore per la bellezza di un angolo della città a cui sono più affezionata.

Condivido con voi anche questa clip:

Milano, le bellezze del Liberty, da Repubblica TV

A presto!

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Lombardia Beni Culturali
Il Giorno

ARTE IN CASA ~ Curiosando a Novara

Cari Amici,
per il quinto appuntamento di ARTE IN CASA desidero raccontarvi qualche curiosità sulla città nella quale vivo: Novara.

Il barometro naturale
Da Piazza della Repubblica, sotto i portici del Duomo, si imbocca Vicolo Canonica.
Proprio all’ingresso del vicolo, sulla destra, si trova una colonna che pare funga da barometro naturale. A seconda se sia umida o secca prevede il brutto o il bel tempo.

Il chiostro della Canonica


Scrigno di quiete alle spalle della cattedrale novarese, il chiostro di Santa Maria risale al XII secolo, quando il vescovo Litifredo volle riunirvi i canonici dispersi in varie parti della città.
Tra il 1476 e il 1486 la canonica venne arricchita dall’apertura dell’elegante porticato ad archi ogivali e dall’aggiunta di modanature e cornici in terracotta, di chiaro gusto lombardo-milanese.
La tradizione dice che, il 18 giugno 1358, dal chiostro, Francesco Petrarca arringò i novaresi in occasione dell’entrata solenne in città di Galeazzo Visconti.
In questo luogo riservato al silenzio e alla preghiera, la notte del 31 maggio 1565 venne uccisa una donna di nome Barbara.
Barbara Tornielli si ritrovò sposa a quindici anni con Ferrante Caccia da Proh che, pur di averla, rinunciò apparentemente alla dote e, per questo, “non la conduceva alla nuova casa, come le spettava. Non le acquistava le vesti nuove da sposa”. Pur maritata, Barbara continuò dunque a vivere con la madre e i fratelli; Ferrante si recava da lei solo per la notte.
Tuttavia tra le due famiglie Tornielli e Caccia non correva buon sangue e la “storia d’amore” fra i due non ebbe un lieto fine.
Barbara venne infatti brutalmente uccisa nel letto maritale da un colpo d’archibugio mandato a segno non si sa da chi.
Il primo ad essere accusato fu il marito che subito si proclamò innocente.
Tuttavia, venne fatto prigioniero nel Castello di Milano in attesa dell’esecuzione.
I Tornielli insistettero in ogni modo perché subisse la pena capitale ma niente poterono contro un intreccio ben organizzato di alleanze e favori: grazie, infatti, ai cugini Canobio, il Senato lo considerò iniquamente incolpato e Ferrante tornò libero.
Il colpevole dell’omicidio non fu mai trovato.

Credits: Anna Parma, Della breve vita di Barbara e della sua morte. Un omicidio nel Cinquecento, 2007

Immagine: Luis Huayhuas

Il centro della città
Piazza delle Erbe è uno degli angoli più belli e caratteristici di Novara.
L’area, anticamente compresa in una più vasta piazza a destinazione commerciale, nel Medioevo fu sede della potente corporazione dei calzolai che, possedendo il lato settentrionale, affittava gli spazi agli altri commercianti.
In particolare i macellai vi tenevano le loro beccherie e fino al XV secolo si realizzava qui il ciclo completo di trasformazione del prodotto: dall’animale alle scarpe e borse.
Fu in seguito detta “delle Erbe “perché fino all’Ottocento vi si teneva il mercato delle verdure; inoltre vi sorgeva un’edicola di legno con l’immagine di San Lorenzo, prete e martire novarese, venerato dagli erbivendoli e fruttivendoli cittadini.
La tradizione vuole che le colonne sul lato nord siano un bottino di guerra, proveniente da Biandrate, che, fedele al Barbarossa, fu distrutta dai novaresi.
Nel mondo esoterico, piazza delle Erbe è conosciuta come il luogo “magico” più importante di Novara. La piazza si estende infatti secondo una precisa disposizione geometrica, formando un triangolo “geodetico”, che rappresenterebbe il centro convenzionale della città, ovvero il punto dal quale vengono misurate le distanze chilometriche tra Novara e tutti gli altri centri urbani. Il “cuore” cittadino, collocato nella pavimentazione in porfido della piazza, è rappresentato da una pietra di granito, di forma triangolare.
All’inizio del mese di gennaio del 1992, la pietra fu rubata da mani misteriose.
Il 18 gennaio ricomparve, grazie ad un prete che disse di averla ritrovata in un confessionale.
La pietra venne ricollocata nel selciato ma con un orientamento diverso dal precedente.
Da quel momento si dice che la piazza perse la sua energia tellurica per via dell’orientamento ormai sfasato.

Credits: Comune di Novara e Novara 900

La pietra del Broletto o del Banditore
Gli edifici del Broletto sorgono proprio nel centro della città.
Il Broletto è una struttura tipica della Lombardia, ma quello di Novara è l’unico esempio in Piemonte!
Il complesso del Broletto è costituito da quattro edifici: a Nord il Palazzo dell’Arengo, dalle imponenti forme medievali (secoli XIII-XIV); a Sud il Palazzo del Podestà, con le finestre ad arco acuto e le cornici in cotto (fine del XIV secolo, inizio del XV). A Est si affianca il Palazzo dei Paratici (metà del XIII secolo) nascosto dalla loggia barocca; a Ovest il Palazzo dei Referendari (secoli XIV-XV), ristrutturato nel Novecento in forme quattrocentesche.
Era in questo cortile e in questi palazzi che si svolgeva la vita pubblica della città: nella grande sala arengaria venivano eletti i consoli; nel cortile si teneva il mercato (soprattutto dei grani, dei legumi e della biada con il relativo passaggio di carri), sotto gli archi si trovavano i banchi dei consoli di giustizia e i condannati venivano esposti alla gogna.
Quando qualcuno veniva condannato dal vicino Tribunale per reati contro il patrimonio (debiti, fallimenti), veniva portato sulla pubblica piazza. Lì, il debitore veniva per tre volte invitato a saldare il debito; se questo non avveniva, il condannato dopo esser stato privato di pantaloni ed eventuali mutande, veniva fatto accomodare con la forza sulla famigerata “pietra del debitore” surriscaldata e resa rovente. Il tutto potrebbe sembrare quasi normale, in tempi in cui le condanne recitavano di decapitazioni, impiccagioni e addirittura di squartamenti.
Per una curiosa forma di pietismo, era concesso a parenti od amici, di riparare, in caso di pioggia, il condannato con un ombrello aperto. Da qui il detto tipicamente e squisitamente Novarese : “Va a da’ via al cü cun l’umbrela verta” (va a dar via il sedere con l’ombrella aperta.)

Dove si trova oggi la pietra? Andate a cercarla sotto il portico dell’Arengo!

Credits: Paolo Nissotti e Novara 900

L’angolo delle ore e il Campari


La storia di Campari comincia in un caffè di Novara, il Caffè dell’Amicizia, che ai tempi si trovava all’angolo delle Ore, un locale che Gaspare Campari aveva acquistato nel 1860 dopo aver lavorato in due luoghi storici di Torino e avervi appreso l’arte del liquorista. A Novara, Gaspare crea i suoi primi prodotti di distilleria, che si chiamano “Elisir di lunga vita”, “Olio di Rhum”, “Liquore Rosa”. Ma gli affari non vanno bene. Gaspare si trasferisce a Milano, dove apre un piccolo negozio di liquori sotto il Coperto dei Figini e, in vista della sua demolizione, prenota una bottega nella Galleria in costruzione. Sceglie il negozio d’angolo, sulla destra entrando in Galleria, segnando così l’inizio della storia del Campari. A gestire il locale è la moglie Letizia, mentre lui si dedica a perfezionare i prodotti delle sue distillazioni: nascono così il “Fernet Campari” e il famosissimo “Bitter”, l’aperitivo che in un primo tempo viene servito esclusivamente ai clienti del caffè.
Alla morte di Gaspare, nel 1882, l’attività è ben avviata tanto da far scrivere al Corriere della Sera “Lascia 5 figli e un bel patrimonio di circa mezzo milione”.

Immagine: Novara 900

L’Excelsior e Strehler
“Almeno una targa davanti all’edificio o in prossimità dei giardini pubblici per ricordare che Novara è stata la culla di Strehler regista”. L’appello arriva da Mariano Settembri, editore che ha pubblicato un libro di Clarissa Egle Mambrini (Il giovane Strehler. Da Novara al Piccolo Teatro di Milano) che ricostruisce la prima regia di Strehler, all’ex Casa Littoria, l’attuale questura, dove all’epoca c’era la sala Littoria, poi cinema Excelsior, attivo fino agli anni Cinquanta: il debutto avvenne proprio 75 anni fa.
Era il 1943, un gennaio rigido in una città molto vivace sotto il profilo culturale, con Strehler che frequenta Novara perché qui ci sono gli amici Egidio Bonfante e Vittorio Orsini, fratello di Umberto, attore di teatro. Diventerà un celebre pubblicitario, ma prima chiama Strehler a Novara perché c’è la possibilità di mettere in scena uno spettacolo su Pirandello. “In quegli anni – racconta Mambrini – a Novara si stampa un’importante rivista culturale, Posizione, a cui collaborava anche Strehler”. La prima messinscena, che organizza con il «Gruppo Palcoscenico», lascia il segno: comprende tre atti unici di Pirandello, «L’uomo dal fiore in bocca», «All’uscita», e «Sogno (ma forse no)». “C’era un pubblico foltissimo, molti giovani – aggiunge Mambrini -, tra i quali il ventenne Roberto Cerati, futuro direttore editoriale Einaudi”. Un pubblico che Strehler stupisce con una regia anticonformista, aiutato dalle idee dello scenografo Luigi Veronesi, legato all’astrattismo: barbe verdi e azzurre, parrucche rosse; Ugo Ronfani definisce la messinscena «shoccante», ma il pubblico apprezza e gli applausi scrosciano. Novara porta fortuna al regista triestino, che all’epoca non disdegnava di recitare qualche parte; il 19 febbraio replica lo spettacolo a Bergamo e alla Casa Littoria novarese tornerà pochi mesi dopo, l’8 maggio 1943, con due atti unici, «Un cammino» di Beniamino Joppolo, e «Un cielo» di Felice Gaudioso.

Credits: La Stampa

Al prossimo appuntamento!

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ARTE IN CASA ~ Sono nata il ventuno a primavera …

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

Cari Amici,
il 21 marzo 1931 a Milano in viale Papiniano, 57 nasce Alda Merini.
Quello alle sue spalle è il “suo” ponte sul Naviglio a lei intitolato il 1° novembre 2019, in occasione della ricorrenza del decennale della sua morte.
In attesa di una visita guidata con elysArte a lei dedicata, desidero ricordarla con voi con questa intervista:
https://www.youtube.com/watch?v=PFq67cMnFfM

Se da un momento di distruzione, nasce un momento di resurrezione, chiamiamolo anche miracolo.

Grazie Alda!

Buona giornata! 🤗
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ARTE IN CASA ~ All’ovile di Giovanni Segantini

Se l’arte moderna avrà un carattere sarà quello della ricerca del colore nella luce.
Giovanni Segantini

Cari Amici,
vista la sospensione della visita guidata alla mostra Divisionismo. La rivoluzione della luce al Castello di Novara, desidero condividere con voi alcune opere presenti in mostra.
Inizio dalla mia preferita. All’ovile di Giovanni Segantini.
Perché?
Perché questo quadro è semplicemente vivo. Perché è un quadro che non si limita ad essere guardato. Possiamo annusarlo.
Sì, annusarlo. Perché di questo quadro possiamo percepire l’atmosfera umida e ovattata che ammanta la scena.

GIOVANNI SEGANTINI All’ovile, 1892 Olio su tela, 68 x 115 cm Courtesy Gallerie Maspes, Milano

Il dipinto fa parte di un ciclo di tre opere dedicate agli effetti della luce di una lanterna in un ambiente buio e senz’aria, insieme a Le due madri (Galleria d’Arte Moderna, Milano) e All’arcolaio (National Gallery of South Australia, Adelaide).

Le analisi non invasive dell’opera hanno rivelato che Segantini ha ridipinto All’ovile sopra un primo abbozzo della grande tela Le due madri. Man mano che procedeva nell’intento di esprimere un parallelo tra maternità umana e animale, accomunate da un medesimo destino, il supporto deve essergli apparso troppo esiguo e la tela fu trasformata nell’opera che vediamo oggi, nella quale un riferimento alla donna-madre è soltanto accennato.
Tuttavia il soggetto in fondo riprende il parallelo implicito ne Le due madri tra l’essere umano e l’animale, la maternità come fatto naturale che unisce le creature, bisognose di tenerezza e calore.

Dalla corrispondenza con Alberto Grubicy risulta che Segantini in un primo momento avesse intitolato il dipinto Ninna Nanna, poi At home.
Il primo titolo fu presto dimenticato e rimase At home, che illustra chiaramente il concetto: sia la giovane madre assopita accanto alla culla del suo bambino, sia la pecora che allatta l’agnellino si sentono a casa nel tepore del luogo.
Tutte e tre le opere sono capolavori ma l’effetto magico della luce, che ammanta la scena di trascendenza è ancor più percettibile in All’ovile, proprio per la dimensione più intimista.

Per quanto riguarda la tecnica divisionista qui Segantini va oltre la resa suggestiva della luce stessa, per trattini di colori puri giustapposti secondo lo sviluppo della forma e l’irradiarsi dei riflessi che reggono l’immagine. Al rigoroso divisionismo l’artista aggiunge oro in polvere incorporandolo all’impasto fresco, così da accentuare le vibrazioni con un suggestivo luccichio.

Come sempre colpisce la profonda capacità di suggerire l’essenza delle cose, la loro fisicità: dal vello delle pecore al tessuto del vestito della donna, e al suo volto, al legno della mangiatoia diverso da quello della culla … tutto prende vita!

GIOVANNI SEGANTINI Le due madri, 1889 Olio su tela, 162 x 301 cm Galleria d’Arte Moderna, Milano
GIOVANNI SEGANTINI All’arcolaio, 1891 Olio su tela, 58 x 90 cm Art Gallery of South Australia, Adelaide, Australia

Credits

Annie-Paule Quinsac, Divisionismo. La rivoluzione della luce, 2019
METS Percorsi d’Arte, Novara

Immagini: http://www.deartibus.it

ARTE IN CASA ~ Curiosità dall’Ultima Cena di Leonardo da Vinci

Cari Amici,
è una delle opere d’arte più conosciute al mondo, realizzata dal “genio” per eccellenza.
Sto parlando dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
Volete ammirarla fino quasi a toccare ogni singolo particolare?
Potete farlo comodamente seduti sul divano e per tutto il tempo che volete!
Cliccate qui! 👉🏻 Ultima Cena

Desidero condividere con voi alcuni dettagli.

1. All’altezza della testa di Cristo è stato ritrovato, durante l’ultimo restauro, le tracce di un buco che sarebbe servito a Leonardo da Vinci come “punto di fuga” per tutto il disegno prospettico dell’opera.
Inoltre, se osservate bene sullo sfondo potete riconoscere un campanile.

2. Chi è il traditore? Se gli apostoli si fossero agitati meno, se ne sarebbero già accorti. Leonardo non lo ha relegato in un angolo o messo di spalle, come voleva l’iconografia “tradizionale”. Lo ha messo vicino a Gesù, proprio come dice il Vangelo. E’ l’unico che si ritrae, riconoscibile per il suo profilo torvo e per quella mano che afferra avidamente il sacchetto dei trenta denari, simbolo del suo tradimento.
La sua mano sinistra si protende verso lo stesso piatto sul quale si porta la destra di Gesù: “Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è lui quello che mi tradirà”.
Osservate attentamente quella mano che afferra il denaro.
Si può aggiungere che Leonardo è attento non solo al testo sacro ma anche alle superstizioni.
Quel brusco movimento, infatti, rovescia un consistente vasetto di sale.
E si sa … porta male!
Questo è un dettaglio che si può notare in una delle copie più antiche del Cenacolo Vinciano, conservata in Belgio nell’Abbazia di Tongerlo, a un’ora da Anversa.
La copia è una testimonianza tangibile di come il celebre dipinto fu originariamente concepito prima che la patina del tempo lo danneggiasse gravemente.

3. Avete mai notato che i colori delle vesti degli apostoli si riflettono nei piatti sulla tavola?
Meraviglia!

E infine … provate a cercare questo dettaglio!

Buona visione!
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Credits

Fra Angelo Maria Caccin O.P., Santa Maria delle Grazie e l’Ultima Cena di Leonardo, 2015

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Io penso positivo!

ARTE IN CASA ~ Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna

Cari Amici,
vista la sospensione della visita guidata alla mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna, vi propongo un documentario di Rai Cultura interamente dedicato alla mostra.
Le opere di due grandi scultori dialogano per raccontarci una “fabbrica della bellezza” davvero straordinaria e ineguagliabile.
Parlando di Antonio Canova, desidero condividere un estratto della trasmissione Ulisse, il piacere della scoperta – Le meraviglie del Veneto dalla laguna alle Dolomiti di Alberto Angela su Antonio Canova e la sua Gipsoteca.

Buona visione!

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Documentario Canova | Thorvaldsen. La fabbrica della bellezza

Ulisse, il piacere della scoperta – Le meraviglie del Veneto dalla laguna alle Dolomiti’

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