
Cari Amici,
il 23 aprile si festeggia San Giorgio, patrono di cavalieri, arcieri, soldati, armaioli e boy scout.
Siamo abituati a vederlo a cavallo nell’atto di uccidere il drago e tutti conoscete la sua storia.
Ma forse non tutti sapete che il 23 aprile, a Milano, è d’obbligo mangiare il pan de mej o pan meino. Forse non tutti sapete che il 23 aprile, a Milano, fino agli anni ‘60 circa, si teneva la Panerada.
Per il nono appuntamento di ARTE IN CASA desidero condividere con voi una tra le più sentite tradizioni milanesi legate a questa ricorrenza.
Andiamo con ordine.
Tutti conosciamo il pan de mej come il dolce zuccherato che ci regala in bocca il delicato sgretolarsi della farina gialla, uno degli ingredienti che compongono la sua ricetta. Il suo nome, in realtà, deriva dalla parola miglio, ingrediente molto usato nell’antichità e che, mischiato ad altre farine, serviva per produrre il pane.
Il 23 aprile era anticamente la data in cui si stipulavano i contratti annui per la fornitura di latte tra mandriani (detti anche bergamini) e lattai. In quel periodo, infatti, i mandriani lasciavano la pianura per salire agli alpeggi.
Per solennizzare questo antico patto si diffuse l’usanza di consumare il pan de mej: i lattai, per l’occasione, regalavano ai propri clienti la panna liquida (la panera) per accompagnare il pane di miglio aromatizzato con i fiori di sambuco, in piena fioritura. Ecco battezzata la panerada.
Le mandrie dette “bergamine”, poiché la transumanza avveniva nelle valli bergamasche, scendevano dagli alpeggi il 25 novembre, giorno di Santa Caterina, da cui il detto “a Santa Caterina la vacca la va’ in cassina”. Alcune mandrie entravano a Milano per una più immediata fornitura di latte fresco.
I bergamini, come altre categorie che hanno contribuito alla vita economica di Milano (basti pensare agli orefici, gli spadari, gli armorari) hanno, in pieno centro storico, una via ad essi dedicata: via Bergamini, nei pressi dell’Università Statale, anticamente chiamata contrada dei bergamini.
In questa contrada stavano antiche stalle di legno dove stazionavano le vacche che fornivano il latte fresco agli ammalati dell’Ospedale Maggiore (la Cà Granda, voluta nel 1456 da Francesco Sforza); strutture che furono rimosse dopo le Cinque Giornate del 1848, poiché il loro legno fu riutilizzato per fabbricare le barricate di Milano.
Il pan de mej è inoltre legato ad un quartiere di Milano, Morivione (in milanese, Moriviun), sito nella parte meridionale della città, a sud di Porta Lodovica, appartenente al Municipio 5. In precedenza borgo rurale facente parte dei Corpi Santi di Milano, venne annesso al comune di Milano nel 1873.
Da queste parti imperversava nella prima metà del XIV secolo una banda di taglieggiatori che terrorizzava i viandanti e la pacifica popolazione del contado. Erano gli ultimi avanzi della disciolta “Compagnia di San Giorgio” scampata dalla famosa battaglia di Parabiago, nella quale le truppe di Azzone Visconti, signore di Milano, insieme agli zii Luchino e Giovanni arcivescovo, avevano portato una sonante vittoria su Lodrisio Visconti, ennesimo zio di Azzone e bramoso di rubargli il potere.
Quando il potere passò a Luchino Visconti, il nuovo signore ritenne giunto il momento di liberare il borgo da quell’accolita di ladroni al cui comando era il famigerato Vione Squilletti.
Messi assieme i migliori cavalieri, Luchino uscì dalle mura cittadine e piombò sulla banda accerchiandola da ogni parte. Dopo una zuffa furibonda Vione e gran parte dei suoi furono uccisi: era il giorno di San Giorgio.
La notizia della strepitosa vittoria si sparse in un baleno in tutto il territorio, le campane suonarono a festa e i contadini corsero incontro ai liberatori offrendo loro, in segno di gratitudine, la propria specialità: pane di miglio e panna.
Infine, ci fu qualcuno che a ricordo dell’evento scrisse col carbone sul muro di un cascinale: “Qui morì Vione!” Da qui l’usanza dei milanesi di dire “andiamo dove morì Vione”, andiamo a Morivione.
Così a testimonianza dell’accaduto ogni anno, nel giorno di San Giorgio, i milanesi erano soliti recarsi in questo borgo per festeggiare San Giorgio con la panerada.
E Panerepoli?
Fu così che Ugo Foscolo battezzò la città di Milano, la città della panna e del burro.
Si dice per ritorsione contro il pubblico milanese che coprì di fischi la prima rappresentazione della tragedia Aiace alla Scala affossandola definitivamente in un coro di sonore risate esplose alla battuta infelice “Oh, Salamini!” che l’eroe rivolse ai combattenti di Salamina ma che suonò come un’invocazione ai succulenti insaccati.
Credits
Wikipedia
Anticacredenzasantambrogiomilano
Bruno Pellegrino, Milano 69 luoghi da scoprire, 2018
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