Per una laureata in storia dell’arte medievale i grattacieli sono cattedrali di vetro, distese infinite che si alzano verso il cielo, a voler dire anche loro qualcosa, come i loro antenati.

E’ il nuovo disegno delle città, quello che tutti chiamano “skyline”, una sottile linea che scivola e compone curve, spigoli, rette, che crea paradossali geometrie, specchi riflessi e trasparenze.

Dopo aver partecipato ad un Workshop di Street Photography a Milano con Matteo Abbondanza sento come un’irrefrenabile voglia di catturare le geometrie di queste cattedrali di vetro. La passione con cui Matteo cattura la realtà che lo circonda, la maniacale eppure così attraente ricerca della perfezione geometrica, accendono qualcosa … chiamatela ispirazione, curiosità, voglia di uscire.

La cosa straordinaria è che la visione di un altro stimola sempre nuove visioni, nuove domande.

E’ come se improvvisamente mi fossi rivista sui banchi del Liceo Artistico, alla ricerca di quella perfezione di linee, di geometrie, di colori. Una perfezione che cerco ostinatamente di mantenere nella quotidianità delle mie giornate: l’ordine della mia casa, del mio armadio, il cibo nella dispensa …

In primis, quindi, sono attirata da questa maniacale ricerca di perfezione.

E poi una domanda: come vedo io, Elisa Zanoni, guida turistica, laureata in storia dell’arte medievale, questa nuova realtà fatta di vetro? Qual è il mio sguardo?

Così, come sempre mi succede, mi sono messa in gioco.

Perché in fondo sono ancora una bambina: ho antenne sensoriali molto fini per accogliere tutti gli stimoli di questo mondo. E appena li avverto, li afferro per mano fino a quando non mi pongo una domanda e non ho trovato un’adeguata risposta.

Cerco un compagno di viaggio, come sempre. Scelgo Roberto. E’ da un po’ che non giro la città con questo “rompipalle” fotoamatore. Lui è il mio turista, io la sua guida turistica che “fa qualcosa con la macchina fotografica”.

Prima tappa: CityLife. MM5 Viola. Fermata “Tre Torri”.

1920. Sulle macerie lasciate dalla guerra, terminata solo due anni prima, l’Italia sente l’esigenza di ricostruirsi un futuro. In questo clima, otto uomini d’affari assecondano il nuovo slancio imprenditoriale organizzando la prima Fiera Campionaria Italiana, con sede a Milano.

2005. 85 anni dopo questa prima Fiera Campionaria, viene inaugurato il nuovo polo fieristico di Rho-Pero firmato da Massimiliano Fuksas. Il trasferimento della Fiera fuori Milano ha comportato un duplice beneficio per la città: l’eliminazione dei picchi di traffico e la liberazione di un’area di pregio.

Nel 2004 si conclude la gara internazionale per la riqualificazione del vecchio quartiere fieristico, volta a ricreare una connettività senza precedenti con il contesto urbano circostante. Vince il concorso “CityLife”, un progetto definito il “Portale d’Europa”. Tra il 2007 e il 2008 si svolge l’importante opera di demolizione e bonifica dei 20 padiglioni fieristici, per un volume totale di 2,5 milioni di metri cubi.

CityLife costituisce una delle aree di intervento urbanistico più grandi d’Europa, con un mix bilanciato di servizi privati e pubblici. A firmarlo sono tre architetti di fama internazionale, Zaha Hadid, Daniel Libeskind e Arata Isozaki.

Il Dritto, lo Storto e il Curvo. Sembrano tre personaggi sbucati da qualche favola. In realtà sono i soprannomi delle Tre Torri che svettano in questo nuovo quartiere, i giganti trasparenti e contorti che subito attirano lo sguardo verso l’alto.

Il Dritto. Questa torre, meglio nota come “Torre Allianz” porta la firma di Andrea Maffei e Arata Isozaki, l’architetto giapponese già autore in Italia del progetto per il Palasport Olimpico di Torino. Un modulo di sei piani di facciata ricurva che, nel suo susseguirsi, si ripete all’infinito verso il cielo, porta questa torre all’altezza di 202 metri.

Lo Storto o “Torre Generali”- 170 metri di altezza – è opera dell’architetto anglo-irachena Zaha Hadid, che non vedrà mai realizzata la sua creatura di vetro, perché viene a mancare nel 2016. Ha un sinuoso portamento dinamico, un andamento tortile, in fondo anche un po’ affascinante.

Il Curvo, che ancora non è sbucato dalle viscere della terra, è opera di Daniel Libeskind. Avrà un’altezza di 175 metri di altezza e probabilmente ospiterà offici o una struttura alberghiera o residenziale.

Poi ci sono le residenze, le residenze che il mio amico Daniele definirebbe “da gran Signori”.

Le residenze di Zaha Hadid hanno qualcosa che ricorda le navi da crociera, come mi fa notare giustamente Roberto. Sono fluide, leggere … eleganti.

Lo stesso vale per le residenze di Daniel Libeskind, un arcipelago residenziale dove l’alternanza dei materiali di facciata e l’andamento verticale degli allineamenti conferisce agli edifici un’immagine scultorea.

Inizio a sdraiarmi, appoggiarmi ovunque, muovermi, cercare l’anima dannatamente geometrica e perfetta di questo quartiere.

Seconda tappa: Porta Garibaldi.

Il Progetto Porta Nuova è un vasto intervento di riqualificazione urbana ed architettonica all’interno del Centro Direzionale di Milano, il quartiere a carattere terziario che si estende dalla stazione ferroviaria di Milano Porta Garibaldi a piazza della Repubblica, da Porta Nuova a Palazzo Lombardia, passando per via Melchiorre Gioia. Principale obiettivo dell’opera è ricucire, attraverso il potenziamento del Centro Direzionale, i quartieri di Porta Nuova (comprensiva dell’area delle ex-Varesine), Porta Garibaldi e Isola.

Baricentro dell’intera zona è il parco pubblico chiamato Giardini di Porta Nuova, attorno al quale sono disposti i tre ambiti separati del progetto, ossia Porta Nuova Garibaldi, Porta Nuova Varesine e Porta Nuova Isola. L’edificazione del complesso di Porta Nuova è iniziata nel 2005 e la sua esecuzione si è protratta per circa un decennio.

Il complesso conta oltre venti edifici tra grattacieli, uffici, centri culturali e ville urbane.

Anche qui l’altezza è padrona di casa. E così incontriamo qualche altro gigante trasparente.

Una serie di palazzi ecosostenibili in vetro e ferro, progettati dall’architetto argentino Cesar Pelli e disposti attorno ad un podio circolare, piazza Gae Aulenti, culminano nella Torre Unicredit, il più alto grattacielo d’Italia, con i suoi 231 metri, 80 dei quali conferiti da un sinuoso dettaglio architettonico detto Spire, che significa Guglia. Quasi a voler comunicare con le statue delle Guglie del Duomo che in lontananza la fronteggiano.

Il vetro di questa torre crea un bel contrasto con il legno dell’Unicredit Pavilion. Firmato dallo stesso architetto del padiglione Zero di Expo,  Michele De Lucchi, è concepito come un ideale seme posto al confine tra piazza Gae Aulenti e i Giardini di Porta Nuova, composto da un nucleo in cemento armato e uno scheletro di legno con nessuna colonna all’interno. La sua funzione è prevalentemente quella di luogo per conferenze, congressi, concerti, esposizioni, performance e seminari.

Tra via Melchiorre Gioia e il business district della Torre Diamante si ergono tre torri residenziali di altezze differenti, disposte anch’esse intorno al proprio podio, ovvero piazza Alvar Aalto.

Torre Solaria che con i suoi 143 metri è l’edificio residenziale più alto d’Italia; Torre Solea, che si sviluppa su 15 piani residenziali, più un piano commerciale a doppia altezza sul podio e uno al piano terra; Torre Aria con 17 piani sopra il podio.

Qui mi sdraio per terra, incurante dei passanti. In fondo siamo a Milano, non sembrerà poi così strano. Il cielo sopra le nostre teste inizia a diventare sempre più grigio, fino a quando inizia a piovere.

Ci rifugiamo sotto l’Edificio detto Showroom o Armonica e osserviamo le persone che passano: adoro questi momenti, li vivrei all’infinito. Osservare le persone, la vita che ti scorre davanti.

Poi torna il sole. Ci sono ancora il Bosco Verticale e il nuovo Palazzo della Regione Lombardia che ci aspettano ma è ora di tornare a casa.

Di solito non guardo mai subito gli scatti della giornata, li lascio “decantare” per qualche giorno. Ma quello era il giorno della maniacale ricerca di perfezione e non ho resistito.

Sono soddisfatta? No, non abbastanza. Ho ancora sete di geometrie, di linee, di vetro, ma non solo. Una delle qualità più irresistibili di noi essere umani? Lasciarci rapire dalle nostre passioni.