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ARTE IN RADIO con Elisa 🎨🎧

Cari Amici,
e se vi dicessi che ho deciso di inaugurare un programma in radio?
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Tutto è successo non-a-caso.
Una visita guidata virtuale, un contatto, una proposta.
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Così mi è venuta in mente una cara persona di nome Carla, che qualche anno fa mi aveva coinvolto in una radio locale (Radio TRM) a parlare di arte.
Ho osato a buttarmi in questa nuova avventura pensando subito a lei, pensando di farle un regalo che arrivi fin lassù dove si trova ora, nel cielo profondo e terso.
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La sento sorridere e sento che sto facendo la cosa giusta.
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Nasce così ARTE IN RADIO con Elisa. 🎨🎧
Un programma per conoscere e condividere storie, aneddoti e curiosità del patrimonio storico-artistico tra i più invidiati al mondo: l’Italia!
Perché la Bellezza salverà il mondo! 🌍❤️
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Potete ascoltarmi nella diretta streaming di RadioActive20068 il venerdì alle ore 10:30 e la replica alle ore 22:00.
Se vi siete persi la diretta cercatemi sul sito e troverete il podcast per riascoltare il programma!
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Per ascoltarmi ed ascoltare i podcast👇🏻
https://www.radioactive20068.it/
Potete anche scaricare l’App 👉🏻 Radio Active 20068
Pagina FB: Radio Active 20068
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Vi aspetto! 😃
elysArte
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Se volete conoscere Carla, a cui dedico questo programma, vi consiglio di leggere qui 👉🏻 https://elysarte.com/…/il-tempo-piu-prezioso-sulla-terra/

RISCOPRENDO NOVARA ~ Passeggiate e visite guidate alla riscoperta di Novara

Cari Amici,
condivido questo ricco calendario di visite guidate interessanti e particolari che vi condurranno alla riscoperta della città di Novara. 👀
Nella locandina trovate tutte le informazioni e i contatti.
I posti sono limitati.
Affrettatevi a prenotare!
Io e Luca vi aspettiamo! 😉

Un caro saluto 🤗
elysArte

 

ARTE IN CASA ~ L’oratore dello sciopero di Emilio Longoni

Cari Amici,
in occasione della Festività del 1° maggio appena trascorsa, per il decimo appuntamento di ARTE IN CASA desidero condividere con voi la descrizione di un’opera d’arte presente alla mostra Divisionismo. La rivoluzione della luce al Castello di Novara. Un’opera significativa non solo dal punto di vista artistico ma soprattutto storico in quanto il dipinto raffigura lo sciopero con il quale il 1° maggio del 1890 Milano celebrò per la prima volta la Festa dei lavoratori.

Sto parlando de L’oratore dello sciopero di Emilio Longoni, opera proveniente dalla Banca di Credito Cooperativo di Barlassina, paese natale dell’artista.

EMILIO LONGONI, L’oratore dello sciopero, 1890-1891, olio su tela, 193 x 134 cm, Barlassina, Banca di Credito Cooperativo

Esposto nel 1891 alla Prima Esposizione Triennale di Brera, evento che rappresentò “la prima uscita pubblica dei divisionisti”, insieme a Sole d’Inverno e La Piscinina, il primo un dipinto che “piace ai pittori”, il secondo una tela “che piace a tutto il pubblico ed agli artisti”, L’oratore dello sciopero, sia per il linguaggio sperimentale con cui è condotto, sia per il contenuto apertamente politico è un dipinto che “piace a pochi e a molti dispiace”.

EMILIO LONGONI, La piscinina, 1891, olio su tela, 126 x 71 cm, Collezione privata

Rispetto alle numerose opere di contenuto sociale presenti all’esposizione, L’oratore dello sciopero è l’unico ad affrontare un soggetto di cronaca politica.
A Milano la festa del 1° maggio si era trasformata in una giornata di tumulti e scontri armati tra la polizia e i manifestanti, tumulti ai quali Longoni aveva assistito e forse partecipato.

Quello che più colpisce di questo dipinto, oltre all’uso di un colore acceso steso a pennellate veloci e materiche, è l’audace taglio compositivo: la scena è colta dall’alto e il punto di vista dell’artista viene dunque a coincidere con quello dell’oratore issatosi su un’impalcatura di un cantiere in Piazza Fontana. Si tratta di un vero e proprio manifesto di intenti da parte di Longoni che, mostrandosi, letteralmente, a fianco di una delle categorie di lavoratori più numerose e agguerrite della Milano di fine secolo, quella dei muratori, annuncia con chiarezza di voler fare della propria pittura una strumento di comunicazione politica.

La figura di Emilio Longoni si lega molto bene con quella di Giovanni Segantini, protagonista con All’ovile di un altro mio articolo dedicato alle opere in mostra a Novara.
I due si conoscono nel 1875 all’Accademia delle Belle Arti di Brera e tra loro nasce un’amicizia sincera. Gli amici, si sa, si aiutano. Dopo qualche anno, a seguito di alcune delusioni in campo artistico, un viaggio a Napoli  e senza lavoro, Longoni torna a Milano ed incontra l’ex compagno di accademia.
Segantini per aiutare l’amico in difficoltà lo introduce ai fratelli Alberto e Vittore Grubicy de Dragon, che svolgevano con la propria galleria d’arte in via San Marco un’importante opera di mecenatismo nei confronti di giovani artisti emergenti, fornendo loro anche stimoli culturali per un aggiornamento sui coevi orientamenti dell’arte europea; i due fratelli offrono al giovane Longoni un contratto.
Così dal 1882 al 1884 Longoni e Segantini vivono e lavorano per la galleria Grubicy fianco a fianco, prima a Pusiano, in Brianza, poi a Carella, sul lago di Segrino.
Il rapporto con i Grubicy e l’amicizia con Segantini si interrompono tuttavia alla fine del 1884 quando Longoni non accetta più che alcuni suoi dipinti, come da contratto consegnati ai galleristi non firmati né datati, vengano siglati da Grubicy con il nome di Segantini e così venduti. E’ il caso de Le capinere, altra opera esposta in mostra.

EMILIO LONGONI, Le capinere, 1883, olio su tela, 110 x 170 cm, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

Ci sono altre opere di Longoni che desidero condividere con voi … ma per questo vi aspetto direttamente alla mostra Divisionismo. La rivoluzione della luce, appena questa riaprirà i battenti in autunno al Castello di Novara!

Un caro saluto
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Credits

Elisabetta Chiodini, Divisionismo. La rivoluzione della luce, 2019
METS Percorsi d’Arte, Novara

Immagini: http://www.deartibus.it e Pinterest

Divisionismo. La rivoluzione della luce a Novara

Cari Amici,
vi propongo una visita guidata alla mostra “Divisionismo. La rivoluzione della luce” al Castello di Novara. Con settanta opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, la mostra “Divisionismo. La rivoluzione della luce”, ha l’ambizione di essere la più importante mostra dedicata al Divisionismo realizzata negli ultimi anni,
movimento giustamente considerato prima avanguardia in Italia.
Attraverso otto sezioni tematiche ripercorreremo insieme la storia di questa esperienza artistica, conoscendone i più significativi protagonisti come
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Segantini, Gaetano Previati.

Quando?

👉🏻 Sabato 18 gennaio 2020, ore 11:00 e 16:00

👉🏻 Giovedì 20 febbraio 2020, ore 15:30

👉🏻 Sabato 29 febbraio 2020, ore 15:00

👉🏻 Sabato 7 marzo 2020, ore 16:30

👉🏻 Mercoledì 1 aprile 2020, ore 17:30

Tariffa: 15 euro (biglietto d’ingresso, visita guidata, sistema di microfonaggio)

Posti disponibili: 20

Per informazioni e iscrizioni

Phone: +39 349 83 93 984
Email: elysa.zanoni@gmail.com

Un caro saluto 🤗
elysArte

“Lo sguardo oltre la guida”

La mostra “Lo sguardo oltre la guida” nasce da una chiaccherata tra me, Raffaella e Valeria.
A Galliate il Bar km0 Caffè, in collaborazione con Raffaella Bozzola, organizzatrice di eventi e il fotografo Emiliano Maiolo, ospita mensilmente mostre fotografiche di persone appassionate di fotografia.
Ho conosociuto Raffaella in un viaggio a Londra organizzato da Valeria, meglio conosciuta come HappyValery.
Quando Raffaella ha visto i miei scatti londinesi mi ha proposto di esporre la mia passione.
Non vi nascondo la mia preoccupazione: la gestione del tempo, i contatti per le stampe, la scelta delle foto.
Ma grazie al supporto e alla collaborazione di Raffaella e Valeria in 15 giorni la mostra è fatta.
Il titolo lo abbiamo deciso insieme.
Sono guida e accompagnatore turistico e così ho pensato che tutti gli scatti che avrei esposto sarebbero state immagini che ho catturato quando non sono al lavoro o dopo il lavoro.
20 scatti. Architettura. Dettagli. Persone.
Tre tematiche che sento molto affini alla mia personalità, al mio modo di essere e che desidero continuare a sviluppare.

Dopo qualche settimana vengo contattata da Emanuela, educatrice alla casa di riposo San Francesco di Novara che mi chiede di andare a trovarla per vedere la nuova location della mostra “Lo sguardo oltre la guida”.
Un luogo davvero singolare: una casa di cura.
La semplicità di mostrare delle immagini che possano stimolare, stupire, accogliere lo sguardo degli ospiti che quotidianamente vivono questa realtà mi ha spinto ha dire di sì ad Emanuela.
Dopo Galliate, la mostra si trasferisce a Novara.
Appena io ed Emanuela esponiamo le prime foto alcuni ospiti curiosi iniziano a guardarle.
Un ospite originario di Milano riconosce subito le guglie del “Domm de Milan”.
Ecco, questa è una cosa bellissima: sapere che qualcuno può identificarsi in uno scatto.

 

            

Il Pane di San Gaudenzio a Novara

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Ho parlato del Pan de Toni, legato alla storia e alla tradizione milanese.
Visto che ormai, da circa tre anni, Novara è diventata la mia seconda vera casa, ho deciso di dedicare un degno articolo ad un tipico “pane” novarese: il Pane di San Gaudenzio.

Dalla gola non manca poi il legame con la storia e l’arte..et voilà…qualche informazione altrettanto degna del monumento più rappresentativo della città: la basilica di San Gaudenzio e la sua celebre cupola.

Il contesto
Intimamente legata alla vita, al costume e alla tradizione dei novaresi è la Festa Patronale di San Gaudenzio, celebrata ogni anno il 22 gennaio. Con un rito che risale al XV secolo la popolazione, come un corteo, sfila per le vie del centro storico fino alla Basilica di San Gaudenzio dove si svolge la “Cerimonia del fiore” seguita dalla solenne liturgia eucaristica e dove, durante tutto il giorno è inoltre possibile visitare la tomba del santo nello scurolo della basilica.

L’Antico Dolce della Cattedrale
Legato alla festività è il “Pane di San Gaudenzio”. Come lo conosciamo oggi, pare che questo dolce sia stato inventato negli anni Settanta da un gruppo di panettieri di Novara. Ma le sue origini sono più antiche. Il pane, infatti, veniva già prodotto nel 1200 quando la prima domenica di Pasqua i canonici della cattedrale e della basilica di San Gaudenzio erano soliti distribuire ai poveri un altro pane tipico, il “Pane di Polla”, a base di frumento. Chissà che questo pane rustico non abbia dato l’idea per il dolce tipico della festa patronale. Il Pane di San Gaudenzio si presenta di forma rotonda o rettangolare ed è composto da farina di frumento, zucchero, burro, uova, lievito vanigliato, buccia di limone, grappa di Nebbiolo, latte e frutta (albicocche e prugne). La superficie può essere cosparsa da granella di pinoli o di nocciole e zucchero a velo. Alcune pasticcerie di Novara lo producono ormai da circa 40 anni!

Quando Napoleone, nell’Ottocento, chiuse i conventi, le suore che prima vivevano in essi trovarono ospitalità presso le case delle famiglie benestanti e così fecero conoscere la ricetta dei Biscottini di Novara, altro prodotto rinomato della città.

Altro prodotto tipico legato alla festività sono i tipici “Marroni di Cuneo”, castagne affumicate, bucate e legate insieme.

Personalmente mi piace comprare il Pane di San Gaudenzio – e non solo – al Biscottificio Camporelli, locale storico della città, bottega artigiana a conduzione familiare che dal 1852, confeziona biscotti di diversi tipi, tra cui i celebri Biscottini di Novara, che tanto piacciono ai  miei nonni. In questo negozio il calore del legno delle scaffalature si impasta con i colori e il profumo dei biscotti. Quei biscotti e quei dolci che sembrano guardarti dalla carta trasparente con cui vengono avvolti e confezionati con cura. 

UN PO’ DI…STORIA

Chi era San Gaudenzio
San Gaudenzio nasce a Ivrea nel 327, da una famiglia ancora pagana. Trasferitosi a Vercelli fu allievo di Eusebio, primo vescovo di tutto il Piemonte; questi ne ebbe una tale stima da mandarlo presto a Novara, per aiutare il sacerdote Lorenzo, che da solo predicava il Vangelo dove ora sorge la chiesetta di Ognissanti (l’unica chiesa romanica superstite della città, già citata nel 1124). E pensare che questa chiesetta si trova esattamente vicino al Liceo Artistico F. Casorati che ho frequentato per 5 anni!
Gaudenzio prese il posto del sacerdote Lorenzo quando questi venne assassinato. Ambrogio, vescovo di Milano, trovandosi un giorno sul far dell’imbrunire a passare per Novara, chiese ospitalità a Gaudenzio. Questi per rendere omaggio della sua visita fece sbocciare miracolosamente in gennaio, fra la neve e il gelo, i fiori del suo orto. Da quest’episodio leggendario è nata la tradizione della “Cerimonia del fiore”, accennata sopra: durante il rito viene calato dal soffitto della chiesa un grande lampadario e sostituiti i fiori in metallo che lo compongono con altri portati in corteo dai valletti comunali, a ricordo del miracolo compiuto da San Gaudenzio.
Sant’Ambrogio, morì nel 397 lasciando al nuovo vescovo Simpliciano la nomina, nel 398, di Gaudenzio a vescovo di Novara.
Gaudenzio morì il 22 gennaio del 417, più che ottantenne; preoccupato del suo magistero scelse come suo successore il discepolo e segretario Agabio.
Le venerate spoglie di San Gaudenzio vennero traslate più volte fino a quando il 14 giugno 1711 il corpo è definitivamente collocato nello scurolo dell’attuale basilica dedicata al santo, a sinistra dell’altare del transetto destro.
Da quel giorno, ogni anno, il 22 gennaio, si ripete il pellegrinaggio dei novaresi in omaggio al patrono.

La basilica di San Gaudenzio

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Tempio che conserva le spoglie del Santo, la basilica fu edificata nel punto più elevato di Novara tra il 1577 ed il 1690. La progettazione fu affidata a Pellegrino Tibaldi, cui sono da ricondurre l’accentuato verticalismo dell’edificio e il senso di vigoroso plasticismo della facciata e dei fianchi, mossi entrambi da nicchie, finestroni e colonne poderosamente aggettanti. L’ingresso della basilica è chiuso da una porta in noce lavorato, con rosoni e teste di ferro fuso, opera di Alessandro Antonelli, autore anche dell’imponente cupola alta 121 metri, ultimata nel 1887.
Orgoglio di ogni novarese che afferma convinto: “va bene che la mole di Torino è più alta, ma vuoi mettere la bellezza della nostra cupola?”, è l’elemento architettonico più significativo della basilica, assurta a simbolo della città e segno distintivo del suo panorama.

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Nella prima metà del 1800, col denaro ricavato dalla tassa sulla carne (ogni volta che un abitante della città acquistava un chilo di carne doveva pagare una tassa aggiuntiva), il Comune di Novara accumulò una somma che decise di investire nella costruzione di una cupola sulla preesistente basilica di San Gaudenzio ed affidò l’incaricò all’architetto novarese.
Il primo progetto della cupola venne presentato alla municipalità nel 1841. Tre anni dopo iniziarono i lavori ma nel 1855 l’Antonelli, in seguito a ritardi causati dalle guerre d’indipendenza, presentò un secondo progetto che innalzava l’altezza della cupola di un ordine mediante l’inserimento di una corona di pilastri, recuperando così la fruibilità visiva del monumento. Nel 1860 presentò un ulteriore progetto, che elevava ancora l’edificio, ad un’amministrazione sempre più preoccupata per le crescenti spese e diffidente nei confronti dell’architetto. Ma la costanza dell’Antonelli ebbe la meglio e due anni dopo la costruzione della cupola giunse al termine. Mancava solo la guglia che fu costruita tra il 1876 e il 1878. Alla sommità, il 16 maggio dello stesso anno, fu posta una statua del Cristo Salvatore (e non di San Gaudenzio come si potrebbe ritenere) realizzata in bronzo ricoperto di lamine d’oro e alta quasi 5 metri, opera di Pietro Zucchi. Contando anche la statua l’altezza dell’edificio raggiunge i 126 metri. La statua originale del Salvatore che attualmente si trova in cima alla cupola è una moderna copia in vetroresina, mentre quella originale, danneggiata dal tempo, si trova all’interno della basilica, nel transetto sinistro.
Per la costruzione della Cupola l’Antonelli decise di utilizzare solo materiali della zona: la struttura è infatti interamente in mattoni e calce, senza impiego di ferro, ed è considerata l’edificio in muratura più alto del mondo. Tale primato, che fu per lungo tempo della Mole Antonelliana di Torino, ritornò alla cupola di San Gaudenzio quando, nel 1953, la guglia di 47 metri della Mole crollò e fu ricostruita con altri materiali.
Era proprio lui, l’Antonelli, che dirigeva personalmente i lavori: meticoloso controllava ad uno ad uno tutti i mattoni e li faceva suonare sbattendoli l’uno contro l’altro; se il suono non andava bene, li scartava.

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L’opera dell’Antonelli risulta così intimamente legata al luogo ove sorge, alla sua terra e alla sua gente. Mentre in altri paesi d’Europa si sviluppava un’architettura del ferro che era giustificata dalla abbondanza di materiale in quei luoghi e dalla disponibilità di maestranze specializzate in quelle costruzioni, in Italia l’Ottocento è il secolo aureo dei muratori.
Ed ecco che l’Antonelli dirige queste eccezionali maestranze di muratori a eccezionali irripetibili imprese. E chissà che, senza saperlo, con quello strano procedimento, stava mettendo le basi al prospero futuro dei Bottacchi , noti produttori di laterizi (nella loro fornace venivano prodotti i mattoni per la cupola).
Il peso complessivo della cupola supera le 5.500 tonnellate e alla sua ultimazione, la chiesa, che 200 anni prima non era stata progettata per reggere un simile peso, cominciò a dare segni di un cedimento strutturale (già ravvisabile durante le prime fasi della costruzione).
A partire dal 1881 l’Antonelli si dedicò al consolidamento dei quattro piloni della basilica portanti la cupola e all’ampliamento delle fondazioni. Il progetto dell’architetto si rivelò valido e la sua opera, dopo 120 anni, è ancora saldamente al suo posto.
I lavori ebbero termine agli inizi del 1887, giusto per l’occasione della festa del santo patrono (22 gennaio).
Il timore del crollo è però uno spauracchio familiare ai novaresi e nel corso degli anni si sono succeduti più volte dei falsi allarmi. Come citato da una targa affissa all’interno della Basilica, l’edificio restò chiuso per quasi 10 anni, tra il 1937 e il 1947, proprio a causa di tali preoccupazioni.
Ma la genialità di Alessandro Antonelli fu proprio quella di aver progettato il suo edificio scomponendolo in una serie di tanti cerchi concentrici che si innalzano verso il cielo, sempre più piccoli, scaricando man mano il peso sulla struttura portante.
In caso di cedimento strutturale la cupola collasserebbe su se stessa e non sugli edifici circostanti.

L’interno della basilica di San Gaudenzio è ad una navata unica, affiancata da cappelle laterali collegate tra loro, un ampio transetto e un profondo presbiterio.
Interessante il patrimonio di opere d’arte conservate nella chiesa. Tra queste, opera di notevole importanza è il grande polittico a due piani di Gaudenzio Ferrari (1516) situato nella “cappella della Natività”.

Il campanile, alto 92 metri, è opera di Benedetto Alfieri, zio del famoso drammaturgo, e fu costruito tra il 1753 e il 1786. Si trova isolato dalla chiesa, alla sinistra dell’abside, ed è realizzato in conci di cotto e granito di Baveno.

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Il campanile ospita il maggior concerto di campane a “Sistema Ambrosiano”. Il concerto è composto da 8 campane intonate in SOL maggiore, più una nona campana utilizzata come richiamo, anche se risente purtroppo di alcuni problemi di accordatura carente e timbro di alcune campane.

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Per la Festa Patronale di San Gaudenzio e in altri periodi dell’anno è possibile la salita alla Cupola – anche con visita guidata. Insieme agli amici dell’Associazione Fotografica “Prospettive” di Cameri sono salita di sera. La vista è spettacolare ed è proprio vero: “l’emozione più alta” di questa mia seconda casa, Novara, è la cupola!

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Per maggiori informazioni e saperne di più…

AtlNovara

CupolaSanGaudenzio

Credits

Atl Novara – Google – Cupola di San Gaudenzio

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