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ARTE IN CASA ~ Ambrogio e le api 🐝

Il murale in corso XXII Marzo a Milano. Foto: MilanoToday

Quando si avvicina il 𝟽 ᴅɪᴄᴇᴍʙʀᴇ non riesco a non pensare alla ricorrenza di 𝔖𝔞𝔫𝔱’𝔄𝔪𝔟𝔯𝔬𝔤𝔦𝔬.

In questi giorni ho letto la notizia di un nuovo grande murale a Milano, realizzato dall’artista Igor Scalisi Palminteri sulla facciata di un palazzo in corso XXII Marzo, raffigurante Sant’Ambrogio come sᴜᴘᴇʀᴇʀᴏᴇ ᴅᴇʟʟᴇ ᴀᴘɪ.🐝

Vi rimando alla lettura dell’articolo dedicato in calce al mio racconto, perché desidero subito condividere con voi una domanda spontanea: cosa c’entra Sant’Ambrogio con le api?

E’ il suo primo biografo, Paolino, a raccontarcelo. Segretario di Ambrogio, egli scrisse, infatti, a poco più di vent’anni dalla sua morte, la Vita di Ambrogio.

Ambrogio nacque attorno al 333/334 d.C. a Treviri, città (ora in Germania) sulle rive della Mosella. Una città importante perché sede della prefettura del pretorio delle Gallie, una delle più alte magistrature dell’Impero Romano.
Ambrogio era l’ultimo di tre fratelli, dopo Marcellina e Satiro.

Paolino riferisce di un miracolo che avrebbe contrassegnato la vita di Ambrogio fin dai suoi primi anni.
Egli stava riposando nella culla, quando all’improvviso sopravvenne uno sciame di api che gli coprirono il volto, entrando e uscendo in continuazione dalla bocca. Si trovavano lì vicino i suoi genitori e sua sorella Marcellina, insieme ad un’ancella che si precipitò per scacciare lo sciame, ma il padre lo impedì, timoroso certo per la sorte del figlio, ma anche incuriosito di vedere come sarebbe finito quell’evento. E, infatti, senza fare alcun male al fanciullo, lo sciame d’un tratto si levò in alto e scomparì.
“Questo mio figlio diverrà qualcosa di grande!” esclamò il padre.
Quelle api lasciarono sulle labbra del piccolo un po’ del loro miele🍯: questo fatto fu interpretato come un segno profetico della dolce e nutriente eloquenza del futuro vescovo, apprezzato soprattutto per la sua predicazione, elegante e ricca di contenuti.

Il miracolo delle api, coro ligneo del Duomo di Milano, seconda metà del Cinquecento-inizi Seicento, Pellegrino Tibaldi e altri artisti. Fu Carlo Borromeo a scegliere la vita di Sant’Ambrogio come soggetto per la decorazione degli stalli del coro.

Sono, infatti, le dolci parole di Ambrogio a colpire il cuore del popolo milanese che decise di nominarlo futuro vescovo. Vediamo come.

In primis non dobbiamo dimenticare che Ambrogio non intraprese subito la carriera ecclesiastica. Anzi. Proveniente da una famiglia nobile e abbiente, a Roma, città dove si trasferì insieme ai familiari dopo la morte del padre, completò i suoi studi di grammatica, retorica e filosofia, acquisendo le basi per lanciarsi nella carriera di funzionario imperiale.

Dopo aver esercitato la professione di avvocato 🧑‍💼 ed essere stato consigliere di Sesto Pretorio a Sirmio (zona ora vicina all’odierna Belgrado), attorno al 370 venne per Ambrogio l’occasione di un prestigioso avanzamento in carriera: la nomina a governatore della provincia dell’Emilia-Liguria con sede a ᴍɪʟᴀɴᴏ.

Milano. Quella Milano, capitale dell’Impero d’Occidente, quella Milano tanto celebrata nella sua grandezza (ricordate la lapide di Ausonio nel cortile del Castello Sforzesco?).

ᴍɪʟᴀɴᴏ ᴇ ᴀᴍʙʀᴏɢɪᴏ: inizia così la storia di un legame indissolubile.

Siamo nel IV secolo d.C. e la chiesa milanese stava vivendo una grave esperienza di lacerazione. Nel 355 il vescovo di Milano Dionigi fu mandato in esilio dall’imperatore Costanzo II, che impose come suo successore un vescovo proveniente dalla Cappadocia di nome Aussenzio. La questione era insieme di carattere dottrinale e politico: mentre Dionigi, infatti, professava la fede cattolica, l’imperatore aveva sposato la causa dell’eresia ariana.
E Aussenzio era filoariano.
Il problema divenne acuto dopo la sua morte, perché ognuna delle due fazioni in cui era divisa la Chiesa milanese, quella ariana e quella cattolica, voleva che diventasse vescovo uno della propria parte.
Ne sorse un tumulto che rischiava di degenerare in un vero e proprio disordino pubblico.
Ambrogio, come magistrato, si sentì in dovere di accorrere in Duomo per mettere pace.

E fu in quell’occasione, che, secondo la tradizione, un bambino gridò all’improvviso “ᴀᴍʙʀᴏɢɪᴏ ᴠᴇsᴄᴏᴠᴏ!”
E il popolo intero, prima diviso, si trovò quasi miracolosamente d’accordo su quella designazione.

“Quale resistenza opposi per non essere ordinato vescovo!”.
Così scrisse quasi vent’anni dopo quei fatti Ambrogio stesso.

Non tutti conoscono, infatti, i suoi tentativi, quasi pittoreschi, di evitare l’importante nomina.
E’ sempre Paolino a raccontarci alcuni degli escamotage messi in atto da Ambrogio.

1️⃣ Essendo governatore e quindi competente ad amministrare la giustizia, Ambrogio si fece erigere una tribuna e iniziò ad emanare sentenze ingiuste, dando addirittura l’ordine di torturare alcuni imputati.
2️⃣ In seconda battuta, dal momento che il popolo non si convinceva ed anzi insisteva, fece entrare in casa sua donne di malaffare; ma per la seconda volta il popolo non ci cascò. Anzi, iniziò a gridare 🗣“Il tuo peccato ricada su di noi!”.
I milanesi, insomma, lo volevano a tutti i costi loro vescovo.
3️⃣ Tentò la fuga da Milano verso Pavia, ma una fitta nebbia 🌫 lo disorientò facendolo ritrovare, dopo ore e ore di cammino, a Porta Romana.
I milanesi, ritrovatoselo in città, per non rischiare di perderlo un’altra volta, se lo presero in custodia.
Per risolvere la questione, il popolo si appellò all’imperatore Valentiniano che aderì all’idea di elevare il suo funzionario politico alla carica di vescovo.
4️⃣ Ambrogio tentò una seconda fuga, questa volta meglio organizzata; ma la sentenza dell’imperatore e il conseguente editto che intimava, a chiunque sapesse qualcosa di Ambrogio, di denunciarlo e di consegnarlo, pena la confisca dei beni, obbligò l’amico Leonzio che lo nascose in casa sua a Pontelungo (PV) a ricondurlo a Milano.

E fu così che domenica 𝟹𝟶 ɴᴏᴠᴇᴍʙʀᴇ 𝟹𝟽𝟺, per sua esplicita richiesta, Ambrogio ricevette il battesimo. 💧

Il fatto di essere stato scelto, o meglio costretto, dai suoi concittadini, a passare dalla carriera politica a quella ecclesiastica per diventare loro vescovo, lo mise di fronte alla necessità di entrare pienamente nella Chiesa ricevendo il sacramento del battesimo.
Lo ricevette probabilmente nel battistero di Santo Stefano alle Fonti, rinvenuto alla fine del XIX secolo sotto la sacrestia settentrionale del Duomo e parte dell’antico complesso episcopale.

Il 𝟽 ᴅɪᴄᴇᴍʙʀᴇ 𝟹𝟽𝟺 Ambrogio, all’incirca quarantenne, venne finalmente ordinato vescovo, pastore di quella Chiesa che poi da lui avrebbe preso il suo nome, la ℭ𝔥𝔦𝔢𝔰𝔞 𝔄𝔪𝔟𝔯𝔬𝔰𝔦𝔞𝔫𝔞.
Dopo aver rivoluzionato in maniera consistente la fisionomia della città di Milano, dopo una vita di miracoli, di preghiera e dedizione al suo popolo, nelle prime ore di quel sabato santo, 𝟺 ᴀᴘʀɪʟᴇ 𝟹𝟿𝟽, Ambrogio morì.
Nella domenica di Pasqua il suo corpo venne traslato all’interno di quella basilica, che tutti da tempo chiamavano Ambrosiana, perché fatta da lui costruire come luogo della sua sepoltura.
Il suo corpo, ancora oggi, giace sotto l’altare, insieme a quello dei santi Gervaso e Protasio.

Chi fu il suo successore?
Fu Ambrogio stesso a designarlo quando, qualche giorno prima di morire, dal suo letto, dove giaceva malato pronunciò tre parole destinate ad entrare nella storia della Chiesa milanese per sempre: “senex sed bonus” ovvero “vecchio, ma buono”. Parole riferite ad una delle persone più vicine alla personalità di Ambrogio: il prete sɪᴍᴘʟɪᴄɪᴀɴᴏ. Fu proprio lui ad accogliere Ambrogio appena nominato vescovo, a prepararlo al battesimo e a guidarlo nei primi passi dell’episcopato, a dargli lezioni di teologia e circa il metodo di lettura e interpretazione della Bibbia. Fu proprio lui a diventare vescovo di Milano, quando Ambrogio morì.

Continuerei a raccontarvi di Ambrogio e di tutte quelle opere e quei luoghi che sono intimamente connessi alla sua figura, per ore e ore.

Vi prometto di continuare a farlo … dal vivo! 🗣🗣🗣

Un caro saluto 😊

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Murales di Corso di Porta Ticinese. “Milano Street History”, è il progetto commissionato da Don Augusto Casolo, che circonda il muro della Basilica di San Lorenzo. Il murale racconta due millenni di storia attraverso la rappresentazione di volti celebri della storia di Milano da Sant’Ambrogio ad Attila, da Carlo Magno a Leonardo da Vinci, dal Manzoni a Giuseppe Verdi, dagli Sforza a Napoleone. Foto: ClubMilano

Articolo MilanoToday
https://www.milanotoday.it/attualita/murales-xxii-marzo-sant-ambrogio.html

Credits
Ernesto Brivio, Marco Navoni, Vita di Ambrogio narrata nell’antico coro ligneo del Duomo di Milano, 1996.

ARTE IN CASA ~ 30 novembre 1936

Cari Amici,
84 anni fa, ed esattamente il 30 novembre 1936, un incendio 🔥 distrugge a Londra il ᴄʀʏsᴛᴀʟ ᴘᴀʟᴀᴄᴇ.

Si tratta dell’edificio che, nella seconda metà dell’Ottocento, aprì il capitolo dell’architettura in ferro e vetro ma che soprattutto fu costruito per la prima grande ᴇxᴘᴏ ᴜɴɪᴠᴇʀsᴀʟᴇ, svoltasi nel 1851 proprio nella capitale del Regno Unito.
Realizzato su progetto di ᴊᴏsᴇᴘʜ ᴘᴀxᴛᴏɴ, giardiniere, botanico 🌿 ed architetto, 📐venne installato a Hyde Park, per essere poi smontato e ricostruito, con i suoi 90.000 metri quadri, in un’altra zona della città, Sydenham Hill, nel 1852.

Dopo l’esposizione universale, il Crystal Palace fu adibito ad usi differenti: sede di manifestazioni sportive, ospitò anche una delle prime esposizioni sui dinosauri; durante la Prima Guerra Mondiale venne utilizzato per esercitazioni della marina, per ospitare successivamente degli studi televisivi.

L’incendio che bruciò l’edificio nel 1936, commentato da Winston Churchill come l’avvenimento che segnava la fine di un’epoca, venne causato molto probabilmente da un corto circuito. ⚡

Qualche notizia sull’Expo 1️⃣8️⃣5️⃣1️⃣

👉🏻 Nacque da un’iniziativa del Principe Alberto;
👉🏻 venne inaugurata niente di meno che dalla Regina Vittoria in persona; 👑
👉🏻 l’Esposizione durò dal 1 maggio all’11 ottobre 1851;
👉🏻 35 furono i Paesi partecipanti;
👉🏻 venne visitata da 6 milioni di persone;
👉🏻 vennero fondati 3️⃣ importanti musei, il Victoria and Albert Museum, il Museo della Scienza e il Museo di Storia Naturale.

Buona serata! 😉
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ARTE IN CASA ~ La Rinascente

Foto Andrea Cherchi

Cari Amici,
qualche giorno fa mia figlia ha rovistato nel primo cassetto del mio comodino in camera da letto. Quando, con calma e pazienza, ho rimesso ogni oggetto al suo posto, mi sono ritrovata tra le mani un profumo di Christian Dior, Dior Addict.
Ho spruzzato lentamente qualche goccia sul polso e ho annusato l’essenza.
Ho chiuso gli occhi e ho subito visualizzato la prima volta che ne ho sentito il profumo.

Non ricordo con l’esattezza l’anno. Più di dieci anni fa, credo.
Nel periodo natalizio entro alla Rinascente di Milano e, prima di salire la scala mobile, qualcuno mi chiede “Vuole provare”?
Credo sia stata una delle prime volte ad aver accettato ad una richiesta del genere.
Non amo sentire addosso per tutta la giornata profumi che non conosco.

Quel profumo, però, mi ha colpito subito.

Dolce e forte allo stesso tempo. Intriso di femminilità.

Così, l’ho chiesto come regalo per il Natale di quell’anno e l’ho conservato fino ad oggi.

Sento così l’esigenza di scrivere qualche riga riguardo a questa esperienza, sia per condividere la duratura sensazione che suscita la semplice azione di annusare un profumo, sia perché, in questo periodo di chiusura, pensare alla Rinascente di Milano piena di gente è alquanto strano.

Eccomi così a raccontarvi la storia del luogo dello shopping milanese per eccellenza.
Perché è proprio nel periodo natalizio che, colpita da un incendio, dimostrò negli anni a seguire di essere più che mai La Rinascente di Milano.

Andiamo con ordine.

Alla fine dell’Ottocento arrivano a Milano i fratelli lodigiani Ferdinando e Luigi Bocconi, iniziando la loro avventura imprenditoriale dal gradino più basso, ovvero quello di venditori ambulanti di tessuti e abbigliamento.

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Il 4 giugno, i fratelli Bocconi aprono la prima bottega di stoffe 🧵 e confezioni all’angolo di via Santa Radegonda a Milano, vicino al Duomo, in pieno centro storico.
Si dimostrano fin da subito all’avanguardia: sono tra i primi in città a sperimentare l’utilizzo della luce elettrica 💡 per illuminare la piccola vetrina, attirando così l’attenzione dei passanti.

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Viene inaugurato il Magazzino Livornese, accanto ai bastioni di Porta Nuova.
La gamma dell’offerta è ampliata alla biancheria, ai cappelli 👒, alle calzature 👞 , ai tendaggi e al mobilio 🪑. Qui introducono per la prima volta il prezzo fisso, dimostrandosi ancora una volta dei precursori.

Figurino della moda del Premiato Stabilimento Fratelli Bocconi, luglio 1875. Milano, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli.

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I Bocconi affittano l’Hôtel Confortable, il cosiddetto Palazzo Quadrilatero, accanto alla Galleria Vittorio Emanuele II, e vi stabiliscono la loro azienda commerciale.
Nasce Aux Villes d’Italie, ribattezzato di lì a poco Alle città d’Italia, il primo grande magazzino italiano, 🇮🇹 con i suoi ampi locali, la varietà dell’assortimento e soprattutto l’esposizione delle merci, visibili sia dalla strada che all’interno.
Li caratterizza una splendida sala in stile gotico inglese.

Interno dei Magazzini dei Fratelli Bocconi “Aux Villes d’Italie”, in “L’Illustrazione Italiana”, 27 aprile 1879. Milano, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli.

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Si inaugura la nuova sede milanese dei magazzini Alle Città d’Italia in piazza del Duomo, nel palazzo progettato dall’architetto Giovanni Giachi.
Con le sue tre ampie facciate, il palazzo occupava la stessa area dell’attuale Rinascente, accanto al Duomo tra via San Raffaele e via Santa Radegonda.
Moderno e funzionale, caratterizzato da uno stile e da una tecnica d’avanguardia il palazzo diventò subito un modello per tutto il Paese.

Il nuovo palazzo Bocconi, 1889.
Milano, Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli.

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L’imprenditore milanese Ferdinando Bocconi fonda l’Università Commerciale Luigi Bocconi, in memoria del figlio primogenito scomparso nel 1896 durante la battaglia di Adua.

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Il 5 febbraio muore Ferdinando Bocconi. Due anni prima era stato nominato senatore.

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I Magazzini Bocconi vengono venduti a Senatore Borletti, che affida a Gabriele D’Annunzio l’ideazione del nome. “E’ semplice, chiaro e opportuno”.

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Il 7 dicembre, nello stabile di piazza del Duomo, apre al pubblico la Rinascente.
Pochi giorni dopo l’apertura, nella notte di Natale 🎄 di quello stesso anno, un incendio 🔥distrugge il palazzo. Nei giorni seguenti, sui giornali locali compaiono le parole di Borletti: “Post fata resurgo. La Rinascente, dopo il disastro da cui fu colpito il suo magazzino di piazza del Duomo risorgerà più bella più grande più forte di prima”.

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La Rinascente riapre i battenti. Il celebre manifesto realizzato da Aldo Mazza per la riapertura dei magazzini, in cui è raffigurato un tronco di ulivo da cui sbocciano nuovi rami, è un rimando al concetto simbolico della rinascita.
In questi anni si consolida il fecondo sodalizio tra la Rinascente e Marcello Dudovich.
L’artista triestino firmerà i manifesti pubblicitari per l’azienda fino al 1956.

La Rinascente dopo la ricostruzione in seguito all’incendio, 1921.
Archivi Farabola, Vaiano Cremasco.
Manifesto di apertura dopo l’incendio, 1921

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La guerra provoca gravissimi danni all’azienda. Il 16 agosto la Rinascente di piazza del Duomo viene bombardata.

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Il 4 dicembre riapre i battenti. La progettazione architettonica dell’esterno del palazzo è opera di Ferdinando Reggiori. Carlo Pagani progetta le vetrine, gli ingressi, l’architettura degli interni e l’arredamento. Moderne scale mobili collegano i diversi piani dell’edificio.
E’ Max Huber a disegna il nuovo logo lR.

Inaugurazione del nuovo edificio de la Rinascente in piazza del Duomo, 1950.
Archivio Brustio La Rinascente, Università Commerciale Luigi Bocconi.

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La Rinascente istituisce il celebre premio Compasso d’Oro dedicato ai prodotti dal miglior design. Nato da un’idea di Gio Ponti viene per anni organizzato dai grandi magazzini La Rinascente, allo scopo di mettere in evidenza il valore e la qualità dei prodotti del design italiano allora ai suoi albori.

Un edificio distrutto dalle fiamme e dalle bombe ha ostentato la sua rinascita, scolpendo il suo nome nella Storia d’Italia, per sempre.

Lo farà anche questa volta.

Un caro saluto 🤗

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Foto Andrea Cherchi

Credits e per saperne di più …
www.archives.rinascente.it

Evoluzione

 

CURIOSITA’, RIVOLTA, CAMBIAMENTO.
EVOLUZIONE.

Cari Amici,
in questo secondo periodo di chiusura mi ritrovo a riflettere molto.
Al centro dei miei pensieri, una domanda costante.
Com’è possibile evolvere in un momento storico così delicato e difficile?
Si può.

CURIOSITA
“Elisa, non si smette mai di imparare”, dice mio nonno.
Questo è il mio mantra. 🙏🏻
La conoscenza è un primato che noi, esseri umani, non possiamo ignorare.

RIVOLTA
Ogni momento di crisi e di difficoltà provoca una profonda rivoluzione di noi stessi.
Impariamo a trasformare le nostre rivoluzioni interne in un bene per la collettività.

CAMBIAMENTO
Cambiare è una delle sfide più sottili per noi esseri umani.
Tuttavia, abbiamo energie interne che già conoscono le soluzioni per farlo.

EVOLUZIONE
La vita su questa Terra 🌍 è una storia infinita di evoluzioni.
Un destino al quale non possiamo resistere.

Qual è la mia evoluzione?
Eccovi qualche nota.

1️⃣ Ho confermato la solidità del rapporto con i miei luoghi del cuore. ❤️ Ho conosciuto persone nuove, ho approfondito legami professionali, intrecciato nuove e stimolanti collaborazioni. 🤝
2️⃣ Ho imparato a vivere appieno nella mia nuova città. 🏙
Legata alla campagna milanese, ho imparato a conoscere e apprezzare NOVARA che silenziosamente e in maniera discreta riesce a stupirti!
3️⃣ Dedico più tempo alla scrittura,  🖊 una delle mie passioni coltivata fin da piccola.
4️⃣ Ho inaugurato nuove visite guidate. 🗣
5️⃣ Ho imparato ad usare nuovi canali di comunicazione, nonostante la mia preferita sia quella “dal vivo”.

Consapevole che la strada è ancora lunga e che questo periodo segnerà profondamente le nostre vite, proviamo, nonostante tutto, a non resistere alla nostra evoluzione.

Buona giornata! 🤗
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ARTE IN CASA ~ Cimitero Monumentale di Milano ~ Giovanni Maccia, l’inventore del baliatico

Cari Amici,
in questo secondo momento di attesa, continuo con entusiasmo la mia rubrica ARTE IN CASA.🎨🏠

Anche se non possiamo realmente essere in loco, il mio desiderio è sempre quello di regalarvi brevi racconti per farvi compagnia, per ricordarvi che, appena possibile, andremo a conoscere e condividere insieme la storia di un monumento, le emozioni di un quadro, le curiosità di una città.

Una coincidenza.

In occasione del primo lockdown la prima visita guidata annullata, a causa dell’emergenza Covid-19, avrebbe dovuto svolgersi alle Gallerie d’Italia, a Milano, alla mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna.
Data: 8 marzo 2020.

La prima visita guidata annullata in occasione della seconda chiusura?
8 novembre 2020, Cimitero Monumentale di Milano.

Convinta che deve pur esistere una connessione, continuo la mia rubrica con un racconto dedicato ad una delle tombe del più famoso museo a cielo aperto di Milano, una delle mie preferite, anche per il sottile legame affettivo che ho subito instaurato con l’opera.

Sto parlando di una delle sepolture più antiche del Cimitero Monumentale: la sepoltura della famiglia di Giovanni Maccia.
Firmata da Luigi Crippa è datata 1869, tre anni dopo l’inaugurazione del cimitero, avvenuta il 2 novembre 1866.

Conoscere la personalità di Giovanni Maccia è significativo per comprendere la fisionomia della sepoltura.

La prima informazione, interessante per tutte le persone che abitano a sud-ovest di Milano, è che questo agiato mercante di tessuti e chincaglierie, nacque a Ossona nel 1791 e morì a Milano a 76 anni.

Giovanni Maccia fu un negoziante integerrimo come recita la sua lastra tombale posta direttamente sotto il monumento funebre: dal 1854, infatti, Giovanni Maccia, fu il proprietario di un rifornito e apprezzato magazzino di filati e merceria nella Contrada della Lupa a Milano, nel sestiere di Porta Ticinese, magazzino che nel 1859 venne trasformato in un ben avviato negozio di ferramenta e ottonami.

Nel 1863 egli fondò l’Opera Pia Maccia nella Parrocchia di San Satiro a Milano, presso cui risiedeva. L’istituzione caritatevole garantiva assistenza alle gestanti, alle madri in difficoltà e ai bambini poveri della città.
Come ricorda l’iscrizione sotto al fedele ritratto scultoreo collocato sopra la porta, Giovanni Maccia fu, in pratica, l’inventore del baliatico, ovvero il mestiere della balia.

Si spiega così la monumentale presenza di una donna e due bambini, di una madre con i suoi adorati figli: il primo, seduto accanto a lei, la osserva; il secondo è dolcemente attaccato al suo seno. Adoro il lento incalzare di questa donna che, mentre allatta, apre lentamente, con la mano sinistra, quella porta, sottile confine tra la vita terrena e l’aldilà. Non solo. Quella porta, infatti, conduce madre e figli nella realtà di conforto e carità dell’Opera Pia Maccia.
Completano la sepoltura, al di sopra della scena, tre personificazioni allegoriche: la Speranza, a sinistra, la Beneficenza al centro e la Fede a destra.

Perché sono affezionata a questa sepoltura?

Perché riesce sempre a ricordarmi, con affetto, la mia balia per eccellenza: la “zia” Carla.
Una donna semplice e genuina, che “allevandomi” mi ha insegnato il valore delle piccole cose.

Questo è uno degli aspetti più importanti del mio lavoro: le connessioni che si instaurano, naturalmente, tra il racconto e la vita reale.

Un caro saluto 🤗

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Io penso positivo!

Milano, 1943. Ciò che rimane del salone del refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano dopo il bombardamento del 16 agosto. Sul fondo si può riconoscere la parete su cui è stata dipinta l’Ultima Cena, protetta da tavole di legno e sacchetti di sabbia e coperta da una tenda.
Da Storiaolivetti.it

Ho sempre cercato il valore della celeberrima espressione “trova il positivo in tutte le cose che ti capitano nella vita”.

Ho sempre pensato a quante volte, nella Storia, l’Italia ha dovuto trovarlo.

Chissà perchè mi viene sempre in mente il rapporto tra la Guerra e i luoghi che oggi sono all’apice della nostra cultura: cattedrali, teatri, monumenti, opere d’arte.

Una delle storie più incredibili è quella dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci a Milano.

Brillante idea quella di averla dipinta su una parete, così i francesi non avrebbero potuto arrotolarla e portarsela via con sé.
Ma poi arrivò la Seconda Guerra Mondiale, al termine della quale Milano contò un terzo degli edifici cancellati e un terzo danneggiati anche in modo grave.

Eppure, mentre tutto quello che gli stava addosso crollò, quella parete e quella che le stava di fronte con la Crocifissione di Donato Montorfano, restarono miracolosamente in piedi!
Salvata da semplici sacchi di sabbia, riparata dalle intemperie con un pezzo di tela, quella parete e quel meraviglioso capolavoro, oggi, sono ancora lì ad accogliere ed emozionare centinaia di migliaia di visitatori.

Riesco così ad aggrapparmi all’idea di trovare il positivo nel credere che, nonostante tutte le chiusure, quei luoghi di cultura non verranno distrutti, che l’uomo troverà la forza di continuare a renderli fruibili e visibili.

Perché, nonostante tutte le chiusure, la cultura non può e non deve crollare.
Leonardo da Vinci ce lo ha dimostrato.

A presto!

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Fantasmi all’Ambrosiana di Milano

Capelli di Lucrezia Borgia
Clicca qui per ingrandire l’immagine

Cari Amici,
a chi appartiene questa meravigliosa ciocca di capelli biondi documentata già nel 1685 all’Ambrosiana di Milano?

Figlia illegittima terzogenita di papa Alessandro VI (al secolo Rodrigo Borgia) e di Vannozza Cattanei, Lucrezia Borgia (1480-1519) fu una delle figure femminili più controverse del Rinascimento italiano.

Fin dagli undici anni fu soggetta alla politica matrimoniale collegata alle ambizioni politiche prima del padre e poi del fratello Cesare Borgia.
Quando il padre ascese al soglio pontificio la dette inizialmente in sposa a Giovanni Sforza, signore di Pesaro, la cui famiglia aveva sostenuto più che attivamente l’elezione dell’ambizioso cardinale al soglio di Pietro.
Pochi anni dopo, il cambiamento degli interessi politici della famiglia Borgia portò all’annullamento del matrimonio.
Questo fu possibile perché il papa vociferò la mancata conclusione naturale del matrimonio, accreditata dalla notizia dell’impotenza di Giovanni.
Il conte di Pesaro tentò di opporsi ma alla fine cedette, non senza prima aver lanciato l’infamante sospetto di amori incestuosi tra Lucrezia e il papa, che “macchiò” la reputazione della giovane donna.
Lucrezia sposò quindi Alfonso d’Aragona, figlio illegittimo di Alfonso II di Napoli.
Un ulteriore cambiamento delle alleanze, che avvicinò i Borgia al partito filofrancese, portò all’assassinio di Alfonso, su ordine di Cesare.
Nonostante Lucrezia si oppose a nuove nozze perché i miei mariti sono malcapitati, sposò Alfonso d’Este, erede del ducato di Ferrara.
Sin dal suo arrivo a Ferrara Lucrezia si adoperò per crearsi una corte indipendente, riprese gli studi e ampliò i suoi interessi. Fu il centro di un rinnovamento culturale della corte estense che aveva sempre avuto un ruolo importante nella promozione e diffusione della cultura rinascimentale. A Ferrara tra i poeti i letterati e i musicisti, risiedette per qualche tempo Pietro Bembo (1470-1547). Il principe degli umanisti fu affascinato dalla giovane e bella duchessa con la quale intrecciò una intensa amicizia, intessuta dell’ideale platonico di bellezza e virtù, che divenne, per il poeta una passione amorosa apertamente dichiarata nelle lettere. Bembo dedicò a Lucrezia Gli Asolani, e la principessa ricambiò con il dono di una sua treccia bionda che il poeta custodì in una piccola teca di cristallo.

I capelli di Lucrezia, infatti, sono conservati insieme alle nove lettere, custodite sempre in Ambrosiana, scritte a Pietro Bembo.

Nell’Ottocento la bionda ciocca di capelli divenne quasi oggetto di culto per i romantici dell’epoca.
Primo fra tutti Lord Byron che si vantò di aver trafugato un singolo capello da quel ricciolo, scrivendo I capelli più biondi che si possano immaginare e che mai ho visti così biondi.
Ne era ammirato anche Gustave Flaubert, come il principe Giorgio di Prussia che inviò a Milano due ufficiali per averne un resoconto nei minimi dettagli. Altro grande appassionato di questo reperto fu Gabriele d’Annunzio in visita a Milano.

La bionda ciocca di capelli venne accolta, come in una specie di reliquiario, in questa preziosa teca, eseguita da Alfredo Ravasco nel 1926-1928, uno dei migliori orafi milanesi della prima metà del Novecento, con l’accostamento di materiali preziosi, pietre dure e gemme varie.
Da notare ai lati i due pendenti, con gli emblemi araldici delle nobili famiglie Borgia (il toro) e d’Este (l’aquila).

Perché vi racconto questa storia?
Perché dovete sapere che il fantasma 👻👻👻 di Lucrezia si aggira ancora oggi, tra le sale dell’Ambrosiana, alla ricerca della sua preziosa ciocca di capelli biondi.

Buona serata!

elysArte

Bartolomeo Veneto (1502 – 1555), Ritratto idealizzato di Flora, La dama forse è Lucrezia Borgia, Circa 1520, tempera e olio su pannello di pioppo, 43.6 x 34.6 cm, Francoforte, Städel Museum

Domenica 8 novembre 2020 ~ Il Cimitero Monumentale di Milano

Un banco in Duomo, un palco alla Scala, una tomba al Monumentale.

Cari Amici,
elysArte vi propone un’interessante visita introduttiva al Cimitero Monumentale di Milano, un vero e proprio Museo a cielo aperto.

👉🏻 Quando? Domenica 8 novembre 2020, ore 14:30

Tutti i dettagli nella locandina 😉

Buona serata! 🤗
elysArte

 

Sabato 14 novembre 2020 ~ Il Duomo di Milano

Cari Amici,
come ben sapete adoro letteralmente il Duomo di Milano.

Immobile, stabile nella sua granitica anima di marmo è sempre lì ad aspettare qualcuno per conoscerlo e per condividere insieme la sua infinita bellezza.

Ecco perchè desidero condividere con piacere questa gita fuori porta 😊 a lui dedicata.

Tutti i dettagli nella locandina 😉

 

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